Qualcuno di loro troverà casa da qui al 17 agosto, quando il pallone tornerà a rotolare negli stadi di Serie A. Qualcuno dovrà accettare di fare più di un passo indietro, togliendo la parola “professionista” dal curriculum in attesa di tempi migliori. Sempre che arrivino. Sono gli esodati della Serie A: 161 calciatori che una squadra ce l’hanno, ma non è quella in cui giocheranno il prossimo campionato. Un esercito che numericamente vale quanto l’organico di cinque squadre. Ragazzi che hanno passato la scorsa stagione in prestito e, tornati alla casa madre, sanno già di doversi guardare intorno.
Origi ha giocato un mondiale col Belgio
L’elenco è ricco e variegato. Puoi trovarci Origi del Milan, che dieci anni fa ha giocato i Mondiali col Belgio, l’argentino Correa dell’Inter, quel Soulé che la Juve sta provando a vendere, il romanista Shomurodov, il laziale Basic, il mediano Amrabat della Fiorentina, 4° col Marocco ai Mondiali in Qatar. Ma questa è la superficie nobile di un problema sommerso. La stragrande maggioranza di quei 161 infatti sono giovani, o ex giovani, destinati alla periferia del calcio professionistico, se non oltre. Non a caso, nel mercato degli affari multimilionari, i siti specializzati li quotano come un’utilitaria: anche solo 25 mila euro.
Il regolamento della Fifa
Si chiamano Petrelli e Marchisano, Guidobaldi e Savini, Furlanetto e Anatriello, Zubarek e Mastrantonio (ma qui non siamo già oltre il prezzo delle utilitarie), nomi che a nessuno di voi diranno granché, a meno che non siate stati attenti frequentatori dei gironi di Serie C nell’ultimo anno. Ma sono molti di più. È per evitare tutto ciò che la Fifa, anni fa, era intervenuta con un regolamento sui prestiti che ha la finalità di ridurre il numero dei professionisti per contratto che però non diventeranno mai calciatori. Aveva disposto una riduzione graduale dei prestiti verso l’estero: per la stagione scorsa erano un massimo di 7, da questa non si potranno prestare più di 6 giocatori. Ma allora perché tutte, in Serie A, sono abbondantemente in doppia cifra? Facile: perché il limite fino a ieri non valeva per gli Under 21 formati nel club. Non solo: la regola non riguarda i trasferimenti interni. La Fifa tre anni fa aveva chiesto alle federazioni di adeguare il regolamento anche per i trasferimenti nazionali. La Federcalcio non lo ha fatto: ha tempo fino al 1° luglio 2025, ma potrebbe anche scegliere di fissare il limite a un numero più alto. Intanto però i professionisti aumentano: non erano così tanti dal 2011.
I contratti che diventano prigione
Perché succede? Perché ogni anno i settori giovanili della Serie A espellono scuderie di calciatori troppo vecchi per giocare la Primavera ma troppo acerbi per la Serie A. Iniziano a girare, ovviamente in prestito. Li hanno blindati con contratti professionistici che quando li firmi sembra il paradiso, ma poi diventano una prigione. Costi troppo perché qualcuno ti compri, ma vali troppo poco per giocare con i grandi. E così si inizia a girare, e girare. Fino a quando il contratto non scade e la giostra si ferma.
Il salto sempre rimandato
In Serie A è frequente l’idea che un ragazzo debba crescere con calma. Un anno in Serie C, uno in B, uno in una squadra di Serie A di livello più basso. Il salto si rimanda per non rischiare, chi ha un po’ di talento se la cava, gli altri no. Certo, ci sarebbe l’idea delle seconde squadre – da quest’anno a Juve e Atalanta si aggiunge il Milan Under 23 – che giocano la Serie C. Ma il progetto non decolla anche perché allestire un organico costa molto e non ti libera dall’obbligo di avere una squadra Primavera, doppiando quindi la spesa. Così gli esodati si moltiplicano di anno in anno. E sommandosi agli acquisti sbagliati, compongono quella carica dei 161 senza presente. E forse senza futuro.