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Fabio Caressa e la tosse in diretta: “Bergomi si è spaventato, mi ha dato una pacca sulla schiena”

Il telecronista di Sky racconta l’accesso di tosse che lo ha colto al gol di Zaccagni contro la Croazia: “Per fortuna sono riuscito a chiudere il microfono. Poi, 18 anni dopo, ho potuto dire ancora: andiamo a Berlino”

“Zaccagniiiiii, Zaccagniiiii, il miracolo di Zaccagniiii, il…”. La frase muore. Un colpo di tosse. Poi il silenzio. Poi la voce di Fabio Caressa che torna da un mondo lontano e, flebile, si aggrappa alle parole: “Mi sto uccidendo”. In migliaia e migliaia di telefonini italiani il video della telecronaca di Sky Sport sorride e racconta le emozioni di Croazia-Italia, di un Europeo che si è ribellato a un destino di delusione.

Caressa, adesso come va?

“Meglio. Avevo la tosse da una settimana, anche più. Sono andato un po’ sopra le righe e ho avuto un accesso più forte degli altri. E infatti la voce si è un po’ sporcata adesso. Ma ho quattro giorni per recuperare. In questi casi prendo un po’ di cortisone: con l’aerosol sarò a posto”.

Bergomi, lì accanto a lei nella tribuna stampa dello stadio di Lipsia, si è preoccupato.

“Sì, noi in postazione siamo molto in contatto, anche fisico. Una cosa diretta, forte, cementata da 25 anni di grandissima amicizia: ci diamo la mano prima di iniziare. Effettivamente Beppe si è preoccupato e mi ha dato una pacca sulla schiena perché l’attacco era proprio forte”

In tv si è sentito solo un colpetto di tosse.

“Perché per fortuna abbiamo il tasto Mute, che permette di escludere il microfono. Quindi avete sentito solo l’inizio dell’accesso di tosse, ma non per quanto è andato avanti. Nel silenzio io continuavo a tossire, poi per fortuna mi sono ripreso. Per chi fa il nostro lavoro il mute è una salvezza, come il TalkBack, che permette di comunicare senza essere sentito con il coordinamento, dove c’era Alessandro Scipioni: è una parte della telecronaca che non si vede ma che mi dà molta sicurezza perché lavoro da tanti anni con grandi professionisti”.

A Lipsia c’era molta commozione nell’aria. Al fischio finale della partita il telecronista della Rai, Alberto Rimedio, ha combattuto con le lacrime.

“Per quelle aspetto di tornare a Berlino, ma per la finale: per un ottavo è troppo poco. Però c’è stata proprio una botta emotiva: non ci rimaneva che pregare, da qualche minuto non riuscivamo neanche ad avvicinarci all’area di rigore croata, si iniziava ad avvertire un senso di rassegnazione. Poi il calcio sa regalarti storie meravigliose. Calafiori, un giocatore che è arrivato in Nazionale subito prima dell’Europeo, fa l’azione della vita. E Zaccagni – che in teoria non doveva neanche esserci, perché era uno dei possibili tagli di Spalletti – s’inventa il gol della vita, uguale a quello segnato nel 2006, sempre in Germania, dal suo idolo e maestro, Alessandro Del Piero”.

Chi lavora davanti a un microfono più di tutto teme la tosse e la ridarella.

“La tosse, quando capita, purtroppo è imparabile. Io sono sempre molto naturale, quando mi viene da ridere lo faccio. Voglio cercare di trasmettere le sensazioni che sto vivendo in quel momento: sono un privilegiato, sto sul posto e devo riuscire a trasferire alle persone a casa l’emozione così com’è, liquida, quasi senza filtro, perché in quel modo i telespettatori si sentono in campo, non c’è più il vetro della televisione. Secondo me lo chiedono i tempi in cui viviamo: i social hanno portato una comunicazione diversa, non più dall’alto in basso. La definirei conviviale”.

Ha confessato che col passare degli anni si commuove sempre più spesso.

“Da giovane hai tanta carica, tanta voglia, sei molto concentrato su te stesso. Invece ho notato che a 57 anni sono più empatico perché riesco a focalizzarmi su quello che mi succede intorno e quindi mi lascio invadere dalle emozioni. Come è successo in Pechino Express, quando sono stato concorrente con mia figlia: un’esperienza molto commovente”.

A proposito: peggio il colpo di tosse o il brodo di tartaruga che fu obbligato a bere?

“Ma sai che forse sul gol di Zaccagni mi è rivenuto su un rimasuglio di quel brodo…oddio, ho vomitato per diversi minuti, quindi doveva essere uscito tutto. Ma qualcosa, un ricordo forse c’era ancora”.

È tornato a dire in tv: “Andiamo a Berlino”, come al fischio finale della semifinale mondiale di Dortmund, nel 2006.

“Quello che hai seminato nella vita te lo ritrovi, se hai lavorato con umiltà e serietà. Io mi preparo e studio ancor più di diciotto anni fa. E spero sempre che la partita più bella sia la prossima. Poi, per carità, mi fa piacere anche ricordare il passato, per quello ringrazio sempre il cielo”.

Caressa, i patrioti per l’Italia hanno sacrificato la vita.

“Nel mio piccolo una corda vocale no, ma una tonsilla l’avrei anche data”.

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