La Fifa ha annunciato la nascita del Players’ Voice Panel, un comitato composto da 16 leggende del calcio maschile e femminile chiamate a sostenere la campagna Global Stand Against Racism. Un voto unanime delle 211 federazioni riunite al Congresso di Bangkok ha dato il via a un organismo che, per la prima volta, mette i giocatori al centro della strategia contro le discriminazioni. Il panel, guidato simbolicamente dal Pallone d’Oro George Weah, affianca l’amministrazione Fifa e funge da voce indipendente su monitoraggio, proposte e iniziative educative. Tra i membri ci sono figure iconiche come Didier Drogba, Iván Córdoba, Juan Pablo Sorín, Blaise Matuidi, la statunitense Briana Scurry, la brasiliana Formiga e la svedese Lotta Schelin. A collegare l’attività dei calciatori con la FIFA c’è l’ex calciatore svizzero Gelson Fernandes, oggi dirigente federale.
I cinque pilastri dell’iniziativa
Ci sono cinque pilastri come base di lavoro: nuove regole e sanzioni più severe, azioni immediate sul campo (con il protocollo dei tre step per gli arbitri), riconoscimento del razzismo come reato penale, programmi educativi a tutti i livelli del gioco, e infine la voce dei giocatori come garanzia di trasparenza e continuità. Già adottati alcuni aggiornamenti al codice disciplinare, con multe più alte (fino a cinque milioni di franchi svizzeri) e responsabilità condivisa nell’identificare gli autori degli abusi.
Silvestre: “Non si può finire una partita e ricevere insulti razzisti”
Lotta Schelin ha raccontato la sua motivazione: «Non accetto l’idea che l’abuso sia parte del gioco. Troppi giocatori si sono sentiti soli, noi siamo qui per dire che non lo sono». L’ex attaccante, che ha preso parte anche a una sessione alle Nazioni Unite: «Parlare all’ONU è stato incoraggiante: abbiamo fatto capire la realtà dei giocatori e la necessità di cambiamento». Accento personale anche da parte di Mikael Silvestre, ex difensore del Manchester United: «Il giorno dopo l’annuncio ho ricevuto insulti razzisti su Instagram. È stata una sorpresa, ma mi ha reso ancora più motivato. Quando finisci una partita e torni a casa, non è giusto aprire il telefono e ricevere insulti razzisti. Bisogna cambiare questo».
L’occhio vigile della Fifa sui social
La FIFA punta a rendere più conosciuti strumenti già in funzione, come il Social Media Protection Service, che dal Mondiale in Qatar a oggi ha analizzato 33 milioni di post e commenti, eliminando messaggi offensivi e fornendo oltre 100 pacchetti di prove alle autorità nazionali. «Il 99% dei giocatori nemmeno sa che esiste un servizio FIFA per proteggere i loro social: ecco perché si sentono soli. Bisogna informarli meglio», ha spiegato Silvestre. «Essere figlio di genitori di etnie diverse mi ha fatto conoscere il razzismo fin da bambino. La mia esperienza multiculturale può servire al panel per creare ponti». Parallelamente, verranno lanciate campagne educative anche nei tornei giovanili e nelle scuole con il programma Football for Schools. «Il calcio porta unità e sviluppo. Migliora anche l’umanità», ha ricordato Weah accettando il ruolo di capitano onorario del panel. Una missione che, con la forza di ex campioni e il supporto delle istituzioni, punta a trasformare in azioni concrete la promessa di un calcio senza discriminazioni.