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Fiorentina, Palladino e un nuovo tridente: tagliare con il passato è l’ultima sfida di Firenze

Rifondazione totale dopo il triennio di Italiano. Gudmundsson è ciò che mancava, Kean alla prova di maturità

Il 25 giugno Rocco Commisso e suo figlio Joseph, che vivono nel New Jersey, sono andati a salutare Lucas Martinez Quarta nel ritiro dell’Argentina, impegnata quella sera al MetLife Stadium (il vecchio Giants) contro il Cile nel quadro della recente Copa America. C’è una bella fotografia a testimonianza dell’incontro, favorito dalla vicinanza tra l’albergo della Seleccion e la residenza del presidente della Fiorentina. E ai Commisso-watchers, gli esegeti di una proprietà lontana che la scomparsa di Joe Barone ha reso ancor più lontana, non è sfuggita l’assenza dell’altra fotografia ovvia, quella con Nico Gonzalez. È un’assenza che fa sussurrare di un rapporto assai raffreddato col miglior giocatore della rosa viola, trattenuto in passato malgrado il corteggiamento della Premier, e che avvalora l’ipotesi di un’imminente cessione alla Juventus (o all’Atalanta). La stessa tifoseria, che pure patì le vendite di Chiesa e Vlahovic, stavolta non sembra turbata.

La Fiorentina riparte da Palladino

C’è un’aria di rifondazione generale, a Firenze. Un taglio con un passato che non è condiviso, perché il triennio di Vincenzo Italiano è consistito di campionati grigi e di coppe a colori, e ciascuno sottolinea ciò che più l’ha emozionato, o viceversa deluso. La stessa prima partita ufficiale di Raffaele Palladino, il pareggio di Parma, è stata un modo per restare in mezzo al guado: squadra a disagio davanti a una neopromossa di qualità (nuvoletta da campionato) ma per sfangarla è bastata una giocata di classe (il sole delle coppe). Se Italiano avesse vinto almeno una delle due finali infelici — la terza di Coppa Italia fu contro un’Inter superiore — il trofeo in bacheca indirizzerebbe oggi i commenti e forse anche il futuro. Ma andare più volte a Roma senza vedere il Papa incoraggia molti a cambiare religione.

Gudmundsson il grande colpo di mercato

Quella di Palladino è ben descritta dal lungo abbraccio col quale ha accolto Albert Gudmundsson («in questo periodo me lo sono sognato tutte le notti, non vedevo l’ora che arrivasse»), il talento islandese dell’uno contro uno che in un calcio orientato ai duelli individuali magari non rappresenta l’intera torta, ma certo assai più della ciliegina. La rosa della Viola è cambiata in profondità per consunzione fisica ed emotiva, e un triangolo offensivo (stretto) che accanto a Gud contempla l’agilità di Colpani con Kean centravanti, è un passo nella direzione opposta al tridente (largo) fatto da Nico e uno dei tanti esterni di Italiano più un numero 9 che sparava a salve come da tradizione post-Vlahovic. Va da sé che Kean abbia in mano le chiavi della svolta, perché se pure quest’anno la Fiorentina giocherà senza bomber verrà da pensare a una maledizione etrusca: però la logica, non sempre applicabile al calcio ma insomma, dice che a 24 anni Kean è già stato tutto — da grande promessa a testa calda — e che l’occasione da titolare indiscusso di una buona squadra sia la piattaforma dalla quale tuffarsi per la verità definitiva. Se sai nuotare, bene. Segna un sacco di gol, allora.

Il Viola Park e la forza del settore giovanile

Naturalmente nessuno è autorizzato a pensare che l’obiettivo di un campionato da 70 punti (la Fiorentina di questi anni è rimasta inchiodata attorno ai 60, tra settimo e ottavo posto) non preveda in parallelo la solita Conference ambiziosa: si parte giovedì col preliminare d’andata col Puskas Akademy, chissà che non sia l’occasione di scoprire le condizioni di De Gea, grande portiere parlandone da attivo, oggi chissà. Ma il vero destino della Fiorentina risiede in realtà negli ettari tirati a lucido di Bagno a Ripoli, il meraviglioso Viola Park, che dopo aver richiesto a Commisso un ingente investimento costa parecchio anche come manutenzione, e presto dovrà cominciare a produrre. È il modo più sano, e sul lungo periodo redditizio, per spendere i soldi nel calcio: non a caso l’Uefa li tiene fuori dai calcoli del Fair Play finanziario. Il 20enne Michael Kayode è stato il primo esempio di “prodotto”. Pietro Comuzzo, difensore 19enne che Palladino ha fatto debuttare dall’inizio a Parma, è pronto a seguirlo. Un altro nome segnalato è quello di Niccolò Fortini, 18 anni, pure lui terzino/esterno. Quanto vale un club che si è dotato di un simile asset? La domanda fa parte del discorso calcistico collettivo, sussurrato ma incessante, che attraversa Firenze, perché Commisso non si vede da Atene e non ci sono mai stati segnali di una futura successione familiare, il che lascia le porte socchiuse a una vendita, magari dopo il centenario del 2026, a ristrutturazione dello stadio (comunale) completata. Ma è argomento da maneggiare con estrema delicatezza, per il rispetto che si deve a un uomo che, col Viola Park, ha obbedito alla filosofia degli All Blacks, la summa di sportività (e di vita) più avanzata che conosciamo. Dal libro Niente teste di cazzo di James Kerr, ecco il 14°dei 15 Fondamentali: “Sii un buon antenato, pianta alberi che non vedrai mai”.

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