BARCELLONA – Sin dal suo arrivo in riva al Mediterraneo, Herr Hansi si è dedicato anima e cuore a “costruire una famiglia”. Ed è per questa ragione che da quando ha capito di esserci riuscito, quello dell’unità dello spogliatoio è diventato uno dei suoi ritornelli preferiti in sala stampa. E, quando ne parla, si riferisce alla propria creatura con quell’aria sorniona del padre comprensivo, uno che dà l’impressione di non arrabbiarsi mai. Ma non è così e i suoi ragazzi lo sanno bene.
Inaki Pena e il ritardo fatale
Probabilmente Szczesny sarebbe comunque uscito alla distanza, tuttavia Inaki Pena non si perdonerà mai quei pochi minuti di ritardo con cui si è presentato a una riunione pre partita e che gli hanno fatto perdere la maglia da titolare alla vigilia della semifinale di Supercopa contro l’Athletic Club di Bilbao. Pochi giorni dopo, il Barcellona distrusse in finale, anche il Real Madrid, nonostante l’espulsione dello stesso Tek che, però, non ha più perso la fiducia del proprio tecnico: “Quando ha messo le regole io non ero ancora arrivato – ha ammesso il giovane canterano, Pau Victor – ma mi hanno subito avvisato su cosa dovevo stare attento. È molto rigido con la puntualità: se dice alle 11 in campo e tu arrivi alle 11 e tre secondi, per lui sei arrivato tardi”.
Ed è per questa ragione che, ieri mattina, Gavi, dopo averlo visto corrucciato, è corso a richiamare Lamine Yamal, Ansu Fati, Iñigo Martínez e Fermín López che stavano entrando in campo, prima della rifinitura in vista della gara contro l’Inter, con il passo di chi non si era accorto che il loro allenatore li stava fulminando con lo sguardo. La loro indolenza non costerà la maglia da titolare a Lamine e Iñigo, ma la preoccupazione con cui Gavi è andato ad avvertirli fa capire quanto sia stato bravo, il tecnico tedesco, a guadagnarsi il rispetto dei propri ragazzi, molti dei quali ancora imberbi.
L’autorevolezza di Flick
La sua non è autorità, sia bene inteso, ma autorevolezza: “Quest’anno stiamo lavorando molto più duramente di prima e questo si nota nel nostro gioco: non rallentiamo dopo 70 o 80 minuti”. Quando Pedri lo ha affermato era sicuro di fare un complimento al suo nuovo allenatore, senza realizzare che, così facendo, avrebbe fatto un torto a quello precedente. Fatto sta che il centrocampista spagnolo, protagonista di una stagione pazzesca, è stato uno dei maggiori beneficiari della cura Flick. Un tecnico taumaturgo a cui non è bastata, chiaramente, l’imposizione delle mani.
I gol di Lewandowski
Grazie alla sua costanza nel lavoro e alle sue idee chiare, però, la rosa che Xavi aveva definito di un livello inferiore a quella del Real Madrid e degli altri top team europei ha cominciato a credere nel suo progetto e nelle proprie possibilità. A cominciare dal fatto che il modulo sia solo una combinazione di numeri e che quello che conta è la sua interpretazione e, quindi, che un 4-2-3-1 non è necessariamente più difensivo di un 4-3-3. Prova ne sia la montagna di gol segnata da Lewandowski e compagni. Il centravanti polacco contro l’Inter non ci sarà per infortunio, ma se non fosse stato per Flick se le sarebbe perse tutte le partite del Barça, perché erano in molti a chiedere, la scorsa estate, la sua cessione.
La telefonata di Flick a Raphinha
Stesso discorso per Raphinha. Il brasiliano, reduce da una stagione deludente, era pronto ad accettare l’oro saudita prima di ricevere la telefonata di Flick: “Vieni al raduno e ne parliamo”. A raccontarlo è stato lo stesso attaccante della Seleçao, uno dei calciatori più decisivi della stagione sia in Spagna che Europa: “Ho capito subito che potevo fidarmi di lui e che se avessi lavorato duramente lo avrebbe notato e mi avrebbe premiato”.
Flick: “Siamo una famiglia”
Non starà simpatico a tutti, per ovvie ragioni, ma non c’è nessuno che possa dire di aver ricevuto una promessa che poi il tedesco non abbia mantenuto: “Siamo una famiglia proprio perché anche chi gioca meno si allena sempre con la massima intensità, consapevole di quale sia il proprio ruolo e che, così facendo, oltre ad avere la possibilità di giocare, aiuta la squadra a crescere”. Ed è cresciuta davvero tanto la squadra di Flick che, contro l’Inter, vuole continuare a sognare un Triplete che all’inizio della stagione era assolutamente impronosticabile anche per l’ex commissario tecnico della Germania che oggi è considerato un ‘barcelonino más’.
Quando Flick con il Bayern ne fece 8 al Barcellona
E la verità è che devi aver lavorato davvero tanto e bene per aver fatto dimenticare, in così poco tempo, a tutti i tifosi culé di essere il principale artefice della sconfitta più umiliante del Barça in Europa. In realtà, l’8-2 rifilato dal Bayern Monaco nei quarti di finale a partita unica della maledetta edizione pandemica della Champions fa parte della storia non solo blaugrana o bavarese, ma di quella dell’intera competizione. Quell’anno, il Bayern non si accontentò del Triplete, bensì raddoppiò, aggiudicandosi uno storico Sextete grazie al lavoro di Flick e ai gol di Lewandowski: una storia datata 2025 che i tifosi catalani vorrebbero, tra qualche anno, poter raccontare ai propri nipoti.