MILANO — Altro che fado, altro che malinconia. Altro che allenatore aziendalista, tirato fuori l’estate scorsa, tra il no dei tifosi all’inviso Lopetegui e il mancato ingaggio del costoso Conte, dal cilindro del Lille. In casa del Milan, che vorrebbe fare l’americano ma non ci riesce proprio, è sbottato una volta per tutte Paulo il caldo, in arte Fonseca. Il suo pubblico sfogo dopo il 2-1 alla Stella Rossa ha colto in contropiede l’intera dirigenza. Dipinto a torto come algido e compassato, il portoghese ha rivolto accuse (dirette) ai giocatori e (indirette) al club. Nulla potrà più essere come prima dopo le sue parole ponderate, perché si prestava in teoria all’autocelebrazione il quarto successo consecutivo in Champions, con annesso abbordabile ingresso tra le prime otto della classifica. Fonseca si è detto triste e deluso: «Non tutti i giocatori danno tutto. Se ci sarà bisogno di portare i ragazzi della Primavera o del Milan Futuro, lo farò senza problemi».
Fonseca contro Theo Hernandez, Tomori e Loftus-Cheek
Le bordate erano per Theo Hernandez, fantasma di se stesso e infastidito per la vicenda del video usato per accusarlo di aver picchiato una ragazza. Si è meritato un’ammonizione sciocca (ha buttato in campo un secondo pallone) e dalla sua parte gli avversari hanno spesso affondato. Fonseca glielo ha ripetuto ieri e non ha sciolto il dubbio sull’ipotesi di dirottarlo tra le riserve, domenica col Genoa. Di sicuro Theo, tra i migliori 5 del mondo nel suo ruolo, perde via via valore sul mercato, anche se l’addio sembra oggi ineluttabile. Un’altra bordata era per Tomori, ammonito senza entrare in campo (era diffidato e sarà squalificato). Terza bordata per Loftus-Cheek, che al di là dell’infortunio muscolare (2024 finito, come forse Pulisic e Morata) ha attraversato la partita senza tracce. Quarta per Calabria, contrariato, pur avendo ritrovato posto da titolare e fascia da capitano, dalla sostituzione.
I complimenti per Camarda e Abraham
Fonseca, che nello spogliatoio tuona spesso (con Leao ha funzionato) a dispetto della narrazione sui suoi toni dimessi e del precedente della nota disobbedienza sui rigori di Firenze, ha spiegato che la vittoria con la Stella Rossa (legittime le lamentele dei serbi per un dubbio intervento nella mischia del 2-1 di Abraham) è stata troppo sofferta. Ha indicato come esempi virtuosi Abraham e il minorenne Camarda, che ha provocato il gol e che sembra ormai promosso al ruolo di jolly.
L’attrito tra Fonseca e la dirigenza del Milan
Perfino più delle bordate, però, contano le allusioni. E se le proteste di Fonseca contro l’arbitro La Penna a Bergamo erano sembrate anche un modo per segnalare lo scarso peso politico del Milan, lo sfogo del dopo Champions è parso anche una risposta indiretta a Ibrahimovic, che prima della partita, oltre a definire la squadra attuale «più forte di quella della scorsa stagione», aveva attribuito all’«emozione» l’attacco dell’allenatore agli arbitri. La presa di distanza di Ibra equivale a un abbandono: d’altronde a Milanello, dopo la Stella Rossa, non c’era nemmeno un dirigente. L’incontro — con Ibrahimovic, con l’ad Furlani, col dt Moncada e col ds di Milan Futuro Kirovski — è poi avvenuto nel pomeriggio a San Siro, alla festa del settore giovanile. Soccorrevoli dispacci hanno dipinto «un clima sereno» e Ibrahimovic — che in veste di consulente personale di Cardinale sarebbe dietro il tentativo di rifinanziamento del debito da 653 milioni di euro dell’azionista di controllo col fondo americano Carlyle, nel quale investì da calciatore — ha scherzato col solito enigmatico post social sulla divisa sociale: «Io non pago i completi». Ma l’unità d’intenti, mentre la squadra in campionato riparte dal settimo posto, è davvero un’altra cosa.