Düsseldorf — Didier, la Francia è noiosa? «Uh, ci sono dieci milioni di persone davanti alla tv. Se non gli piace ciò che vedono, cambiano canale». Quando arrivano domande così, e risposte così, vuol dire che la storia tra il ct e la nazione sta andando un po’ troppo per le lunghe, o forse ci è già andata.
La storia più lunga
Deschamps allena la Francia dal 2012, ha fatto tre Mondiali e questo è il terzo Europeo. Ha cominciato rimettendo assieme i cocci (nel 2010 in Sudafrica la nazionale si era sbriciolata e nel biennio successivo Blanc non aveva saputo ripararla), gestito una transizione generazionale, conosciuto l’urticante delusione della sconfitta in casa (con il Portogallo, a Euro 2016) poi spazzata via dal trionfo mondiale, con l’abbagliante apparizione di Mbappé e di una squadra giovane che però, invece di dominare crescendo, ha come disperso per strada il suo processo di maturazione, anche se due anni fa soltanto il tributo divino a Messi le negò il bis supremo. Ma la Francia è sempre rimasta lì, a metà tra la sua enorme potenzialità (è ogni volta la favoritissima, in partenza) e una resa che lascia delle perplessità. Così a Deschamps, perfetto nella fase ascendente del suo mandato ma troppo reazionario nella seconda (il calcio francese si basa su talenti giovanissimi, lui è vecchio stile), ha ormai i suoi bei processi pubblici.
Poche sostituzioni
Di sicuro, ha un problema con le sostituzioni: ne fa poche e le fa tardi, è assai raro che rivoluzioni con i cambi il piano di una gara e in genere si fida dei titolari e di pochi altri, tant’è che qui ha portato solo 25 giocatori (che per lui sono fin troppi) e in Qatar non sostituì Benzema che si infortunò prima del torneo. Se fa turnover, è solo quando non conta: stasera contro la Polonia qualcuno riposerà, alla luce del fatto che la Francia con 4 punti è matematicamente qualificata (nel peggiore dei casi come terza) e che arrivare prima o seconda non fa troppa differenza, guardando agli avversari possibili.
Mbappé stavolta c’è
Stavolta giocherà Mbappé, che dopo aver provato quattro maschere ha trovato quella che gli dà meno noia («Gli cambia qualcosa per la visuale», dice Deschamps), ma è la noia che provano i francesi a mettere pressione addosso a Deschamps e a una squadra che fin qui ha segnato soltanto su autorete: è logico che al ct si chieda di più, data la rosa ricca ma che sfrutta poco, visto che finora ha impiegato appena 17 elementi (di meno, solo l’Inghilterra), fatto meno sostituzioni (sei sulle dieci disponibili) e che di rado sfrutta tutti i cinque cambi. Giocatori come Pavard, Mendy, Zaïre-Eméry o Barcola non hanno giocato nemmeno un secondo, ma in generale è dopo il Mondiale di Doha che Deschamps, rimasto alla guida della nazionale quasi per puntiglio dopo che per mesi ha volteggiato su di lui il fantasma di Zidane, sembra aver perso il filo, accusare stanchezza, scadere nella ripetitività e provare accenni di insofferenza. «Ma non ho nulla che mi inquieti, sono sereno e tranquillo. Però la verità la dice il campo». Appunto.