Tornare là dove siamo stati felici per l’ultima volta. Succede ai grandi amori, ma anche agli amori disperati. Una suggestione, qualche volta un’illusione. Direttamente dal giardino incantato del Mondiale 2006, Gattuso viene raccolto e depositato nella pietraia del nostro calcio. Un’emergenza, non un progetto. L’Italia ringhiò, e Rino (47 anni) ha risposto obbedisco dopo che Ranieri (73) aveva detto «preferisco di no». Nessuno più di Gattuso conosce il fedele attaccamento all’azzurro, nessuno è animato da più sincera passione, nessuno può rovesciare più carisma addosso ai suoi comici spaventati guerrieri. Ma il materiale è quello che è: neanche un cuoco a tre stelle (e Rino, come allenatore, al momento non lo è) saprebbe apparecchiare le famose nozze con i fichi secchi. La qualità del nostro calcio è avvilente: ben che vada arriveremo allo spareggio Mondiale, passato da spauracchio a desiderio. Stiamo attenti, però, a non confondere i due Gattuso, il campione travolgente con l’allenatore abituato a navigare mari agitatissimi, sempre a schiena dritta, però vincendo proprio poco.
La suggestione del 2006
L’immagine classica del mediano spazzapalloni, seppure di eccellenza mondiale, ha costretto già il calciatore Gattuso a indossare scarpe troppo strette, come se la sua forza fosse solo mentale o caratteriale. Invece, Rino era molto di più, sebbene egli stesso amasse avvalorare quest’immagine di santa ignoranza calcistica, però produttiva. Ora ci risiamo: pensare che Gattuso possa soltanto scuotere un albero dai rari e pigri frutti, lo sminuisce ancora prima di cominciare. Anche la suggestione 2006 è insidiosa, perché non porta a nulla di automatico, a parte le memorie. Esaurite le emozioni dello spirito di gruppo e degli “Azzurri per l’azzurro” (sembra lo slogan pubblicitario di un detersivo), si dovrà passare al campo, agli schemi, alla tecnica, ai gol. Altrimenti continueremo a raccontarci una bella favola, quella della Compagnia dell’Anello azzurro che sconfisse orchi e mostri. Senza segnare tanto, temiamo che non sarà possibile. E i gol non li segnano i ricordi.
Le esperienze precedenti
Il fascino dell’impresa impossibile o difficilissima solletica da sempre la curiosità di Rino, alle prese in passato con avventure anche bizzarre come Creta o Spalato, e con proprietà ombra che alla fine lo hanno convinto a rescindere qualche contratto. Vista l’esperienza, saprà almeno come regolarsi con l’attuale Federcalcio. Ai commissari tecnici si dovrebbe arrivare dopo un convinto percorso: il Brasile ha corteggiato Ancelotti per un anno, prima di riuscire ad averlo, noi senza la legnata norvegese saremmo ancora a Spalletti. E il buon Rino è al massimo una seconda scelta. Però non è giusto ridurlo solo alla grinta: farà la differenza il modo di gestire i calciatori da lontano, negli infiniti tempi morti che ogni Nazionale deve patire, e la nostra di più. Molti campioni del 2006 sono diventati allenatori senza quasi lasciare traccia, perciò Gattuso deve dimostrare di non essere solo un talismano o un motivatore, ma una specie di santo. Dài Gennaro, facci sciogliere il sangue.