Bergamo – Due metri di prato e tutta una vita dentro. Una vita da Gattuso, cent’anni di ringhitudine. Nel suo recinto così piccolo e stretto, ieri Rino in total black ha percorso chilometri: a un certo punto il quarto uomo, il portoghese Joao Gonçalves, gli ha spiegato con le buone che oltre le righe di gesso non si dovrebbe andare, e Gattuso gli avrà risposto: e che, se io restavo dentro le righe diventavo Gattuso? Alla fine, un sospiro di sollievo: «La prima è andata. Abbiamo fatto una buona partita, complimenti ai ragazzi, ora però pensiamo a Israele, sarà un match diverso. Sì, abbiamo giocato in modo più offensivo, anche se questo non vuol dire fare automaticamente gol. Ringrazio il pubblico che non ci ha fischiato sullo 0-0 all’intervallo». «Gattuso ci ha dato la grinta che mancava», dirà Kean. «Abbiamo avuto la fame che voleva il mister, ci porta un’energia incredibile», spiegherà Bastoni.
Il saggio di mimo del nuovo ct
Non è stata una partita, per Rino. È stato un saggio di mimo. Ogni azione e ogni passaggio gli hanno attraversato la carne, lui ha seguito i palloni muovendo il corpo agitato come da scariche elettriche. Anche i gol li ha realizzati un po’ lui, per spostamento d’aria. E dopo i gol, l’utilizzo delle pause per un ripasso volante delle posizioni. Solo al terzo pallone finito dentro, allora sì, Rino ha fatto festa con largo movimento di braccia verso le tribune: l’arringa di Ringhio. Applaude la gente che lo applaude, c’è chi canta il suo nome (ma dopo la quinta rete), il suo e quello di Gigio il portiere che risponde mettendo la mano sul cuore. Bonucci, lì di fianco in auricolare, agita fogli con il conto delle palle inattive. Il tempo, lentissimo all’inizio, si è messo a rotolare di colpo. Buffon, seduto accanto a Rino nei rarissimi momenti in cui Rino è rimasto seduto, avrà lui pure visto passare davanti agli occhi una vita intera in una manciata di attimi, come dicono accada quando si arriva alla fine: ma qui è proprio il contrario, perché questo è un nuovo inizio, è il primo mattino del mondo.
Quel telefonino che trilla sull’erba
«E andiamooo!». Per tutto il match si sente forte e chiara la voce di Rino, che prima di cominciare si leva la giacca che tira un po’ sui fianchi. L’inno, Rino l’ha cantato, compreso il “sì!” finale che gli autori risorgimentali non avevano previsto, così come il popopò che Gattuso ha dentro di sé dalle notti di Berlino 2006. Colonna sonora di una vita, squillante come il telefonino perso sull’erba da un inserviente che dopo due minuti si mette a trillare, così l’arbitro deve interrompere uno dei momenti più surreali dell’intera storia del calcio. «Non me ne sono proprio accorto, ero in trance agonistica», dirà il ct.
I due centravanti e i gol che tornano
Quando Gattuso giocava, sul campo solo sudore, lacrime e sangue. Adesso, invece, ci sono due centravanti insieme, la sua intuizione, e i gol che tornano. È il calcio che torna a casa, con linee rette e curve ma più che altro verticali: qui i giocatori, laggiù la porta ed è in porta che bisogna arrivare. Un discorso semplice che Gattuso indica col dito o con vitruviane aperture alari. Mani aperte, gomiti larghi, come se nell’aria ci fosse da tracciare qualche riga. E la palla, alla fine, va dove deve andare. C’è pure il jingle dei Negramaro dopo ogni atto della goleada, “un amore così grande” si alza nel cielo: era successo, per sbaglio, anche nell’iniziale pantano dello zero a zero, una profezia più che una gaffe acustica.
Non solo grinta, anche intuizioni
Ed è, in qualche modo, la nuova versione di Rino Gattuso a intrigare. Forse la panchina azzurra potrà ripulire Rino della retorica di una vita da mediano: l’uomo può far bene senza ridursi solo a cuore e passione. Ora forse non ringhia più, ma disegna. Le sue qualità, e magari i suoi limiti, potranno fuggire dal grande teatro dell’anima infiammata per posarsi, quiete, sull’erba, dove occorrono una didattica semplice e il ritorno alle procedure di base. Tutti i nodi ingarbugliati in questi mesi, e forse in questi anni, che ridiventano il filo pulito del gomitolo. A Bergamo è andata così.