Due anni e mezzo fa Georgiy Sudakov è diventato famoso in tutta Europa. Non per un gol, ma per una foto. Lo ritraeva nascosto in un bunker mentre abbracciava la giovanissima moglie incinta durante i bombardamenti russi a Kiev. Aveva 19 anni, oggi è la stella dello Shakhtar che affronta il Bologna nella prima giornata della nuova Champions.
Sudakov, ci parla di quella foto?
«Mia moglie era incinta e stava per dare alla luce nostra figlia. Ci siamo nascosti dai missili russi in un rifugio antiaereo con lei e i suoi genitori. Ma ero molto preoccupato per mio fratello minore, che era solo alla Metalist Academy di Kharkiv, e per i miei genitori, soli nel Cherkasy. Emozioni impossibili da esprimere. Sono nato a Bryanka, nella regione di Lugansk. La mia città è occupata dall’esercito russo dal 2014 e non posso visitare il luogo in cui ho trascorso gli anni della mia infanzia. Solo i miei ricordi d’infanzia di casa e dei nonni sono ancora vivi».
Qualcuno in quei giorni si è accorto che lei era un calciatore?
«I giorni più terrificanti della mia vita. Se nel 2014 la Russia mi ha rubato le emozioni dell’infanzia, nel 2022 mi ha portato via il sogno del calcio. Pensavo che non sarei più stato in grado di giocare, che sarei diventato un camionista o avrei lavorato in un autolavaggio. Invece, dopo un po’, siamo andati a giocare le prime partite di beneficenza. Ero felice di poter fare semplicemente ancora ciò che amo davvero».
Con la Nazionale e con lo Shakhtar in Champions non potete giocare però in Ucraina.
«È estenuante non poter giocare in Ucraina, dobbiamo spostarci su strada e il viaggio dura ogni volta diversi giorni. Ma non è nulla in confronto a ciò che stanno vivendo i nostri soldati. E poi ora ci sono molti ucraini all’estero, sentiamo il loro supporto anche negli altri paesi».
Pensa che l’Europa e il mondo del calcio abbiano fatto abbastanza?
«All’inizio il mondo intero si è davvero mobilitato per aiutare l’Ucraina, ma ultimamente sembra sempre di più che siamo rimasti soli con il nemico. Stiamo riconquistando la nostra terra con le vite delle nostre persone migliori. È una lotta quotidiana per la nostra esistenza che dura da più di due anni. Siete stanchi della guerra? Immaginate come ci sentiamo noi quando i missili volano sopra le nostre teste. Se perdiamo oggi, domani altri paese europei potrebbero doversi difendere dall’aggressione russa».
In questi anni qual è il messaggio più bello che ha ricevuto?
«Dopo la vittoria sulla Francia all’Europeo U21, in cui segnai due gol, un uomo mi ha scritto su Instagram da Mariupol, città occupata. e da cui non poteva scappare. Un ostaggio dell’occupazione come molti altri ucraini. Mi ha scritto che la nostra vittoria gli ha dato speranza per il futuro, che ha pianto di felicità e ha vissuto le prime emozioni positive dall’inizio della guerra».
Proviamo a parlare di calcio. È vero che Juve e Milan la volevano?
«Sì, ho ricevuto quelle offerte, ma sono state rifiutate dallo Shakhtar».
È un periodo d’oro per il calcio ucraino: lei, Mudryk del Chelsea, Dovbyk della Roma, Zinchenko dell’Arsenal.
«Penso che il talento ucraino, l’abitudine di lavorare sodo e di puntare al tuo obiettivo senza risparmiarti siano la chiave. Oggi i giovani calciatori inseguono ancor più disperatamente i loro obiettivi, rinunciano alla loro infanzia per avere la possibilità di diventare un giocatore di calcio».
So che sta aiutando i bambini di un ospedale a Kiev.
«Ho visitato il National Cancer Institute, ho incontrato due bambini, Artem e Viacheslav di 6 e 4 anni. Artem è un tifoso di calcio, gli ho lasciato il mio numero, giocheremo insieme quando sarà guarito. Viacheslav ama le auto e me ne ha regalata una della sua collezione. Il minimo che posso fare per i bambini ucraini è dare loro il mio tempo».