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Gli allenatori che non rinunciano alle loro mascotte

Inzaghi ha schierato a sorpresa Correa a Verona e l’argentino lo ha ripagato con il gol. Spesso tra i tecnici e alcuni giocatori si creano legami fortissimi, come tra Conte e Lukaku

Poi ci sono gli allenatori con la “mascotte”, ovvero un giocatore che considerano imprescindibile e cercano di portarsi appresso dovunque vadano. Un po’ per convinzione, un po’ per superstizione. Tutti abbiamo scosso la testa quando si è saputo che contro il Verona Inzaghi avrebbe schierato Correa al posto di Lautaro. Correa: un amuleto scaduto. In 22 minuti ha segnato un gol, realizzato un assist e colpito una traversa. E nei “trent’anni” in cui non ha giocato che cosa ha fatto? È andato a letto presto? Ad altri va diversamente.

Motta e Zirkzee come Conte e Lukaku

Uno incapace di staccarsi dai fantasmi del passato è Sarri. Dall’Empoli al Napoli si portò il diapason del centrocampo, Valdifiori. E ne fece un desaparecido. Al Chelsea pretese quel che restava di Higuain: stessa sorte. Ora Motta vorrebbe alla Juve Zirkzee, che interpreta il ruolo di centravanti come piace a lui, ma segna la metà di Vlahovic, trascurando che a volte è meglio chiuderla più o meno come Humphrey Bogart con Ingrid Bergman: “Avremo sempre Bologna”. Che non è Torino, come Casablanca non è Parigi. Un caso estremo è il rapporto Conte-Lukaku. Quando lasciò l’Inter e apparve brevemente come opinionista televisivo Conte guardava Lukaku negli highlights come si guarda un amore perduto in vecchie fotografie. Commentava che il successore non lo trattava come si deve, non sapeva farlo felice. Certe storie fanno giri lunghi e poi s’incrociano. Per questo l’ha rivoluto con sé a Napoli, nonostante a Roma abbia dimostrato di non essere più un fattore decisivo, nonostante sia evidente una mancanza di sincronia quasi musicale tra lui e Kvara, che suona ancora al diverso ritmo di Osimhen.

Amorim: “Non voglio Gyokeres allo United”

La prima cosa giusta di Amorim al Manchester United è aver detto che non si porterà Gyokeres da Lisbona, ma cercherà di far rendere di più Hojlund e Zirkzee (auguri, le punte del campionato italiano da tempo altrove non pungono). Guardiola non si porta mai un souvenir dalla vita precedente. Una cosa ha capito: ogni squadra ha un giocatore organo-fondamentale, ma se lo trapianti non funziona. Nel suo City è Rodri (guarda cosa è successo da quando si è infortunato), ma il giorno in cui andasse altrove si reinventerebbe un centrocampo. È una debolezza umana credere che il passato si possa ripetere e legarla alle persone con cui lo si è condiviso. È l’abbaglio del grande Gatsby di fronte alla luce verde. Purtroppo, ma anche per fortuna, non tornano i vent’anni, non tornano gli amori e neppure i capocannonieri. Dare e darsi felicità con quel che si incontra strada facendo è virtù di un allenatore e di ogni uomo.

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