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Gli azzurri e la politica, niente da dichiarare. La lezione d’impegno agli Europei di Mbappé e gli altri

Si conclude domenica a Berlino un torneo segnato dalle dichiarazioni della star francesi e di molti colleghi sui temi di attualità. La Nazionale? Anche qui senza idee. Le testimonianze degli ex calciatori Sollier e Tommasi e del sociologo Barbera

Sta per chiudersi un Europeo fortemente politico, nel quale molte nazionali e non pochi calciatori hanno deciso di schierarsi, non necessariamente per una parte o un partito. Ma anche in questo caso, l’Italia si è eliminata da sé, senza giocare. I nostri azzurri, serenamente in vacanza, continuano la loro vita felice in un’altra galassia, nella quale far magari arrivare da Milano il parrucchiere personale senza che, viceversa, da quella testa esca mai un’idea, una presa di posizione, qualcosa che assomigli in modo anche vago a un impegno sociale.

Da Mbappé a Demiral, i giocatori che si sono schierati

Alcuni giocatori francesi, tra cui Kylian Mbappé, hanno rivolto ai giovani un appello al voto, mettendoci la faccia: “Non lasciamo la Francia a quelli là”. La destra li ha invitati a pensare al pallone, e naturalmente c’è chi collega l’eliminazione della Francia dal torneo alle “distrazioni” politiche. Per la Georgia, il primo Europeo della storia è stato un avvicinamento a Bruxelles, e la festa per il ritorno a casa si è trasformata in una manifestazione contro il governo. Anche troppo evidenti, e inevitabili, le ricadute politiche e sociali dovute alla presenza della nazionale ucraina, con il presidente federale Shevchenko in prima fila. Il turco Demiral ha avuto la pessima idea di inneggiare ai Lupi Grigi, ed è stato squalificato per questo: il segno identitario l’ha lanciato nel male. Finché sono stati in corsa, gli azzurri sono stati silenziati dalla policy federale (“Non parliamo di politica”). E alle Europee non hanno votato: troppo complicato tornare a casa da Coverciano in mezza giornata, ma nessuno se n’è dispiaciuto o lamentato, mentre i Bleus hanno esercitato il loro diritto per procura, lo prevede la legge francese.

In Italia il calcio blindato in altri universi

Mentre il tedesco Kroos dice la sua sull’immigrazione, che è cosa giusta ma è finita fuori controllo, e mentre a Marsiglia si insorge contro l’eventuale acquisto da parte dell’OM dell’inglese Mason Greenwood, accusato di violenze nei confronti della futura moglie (mentre la Lazio ora si dice assai interessata), in Italia il calcio resta blindato in altri universi. Della politica ci si disinteressa del tutto, eppure non vale il contrario, basti pensare alle ultime mosse del ministro Abodi: ai politici, del calcio importa eccome perché muove denaro, è strumento di potere, di pressione e consenso. I nostri calciatori rappresentano dunque la generazione del disimpegno?

Sollier pessimista: “Mi sembra che vivano su Marte”

“Credo che alla maggioranza di loro la politica non importi per niente”. Paolo Sollier negli anni Settanta fu un esempio di militanza politica, ‘l’attaccante comunista’ che salutava con il pugno chiuso la tribuna dello stadio di Torino, presente l’avvocato Agnelli. Ora, anche Sollier è pessimista: “A parte il fatto che pure io ero una mosca bianca, a quel tempo di politica un po’ ci si occupava. In fondo, Rivera è stato eletto deputato quattro volte. Mi piacerebbe che i giocatori di oggi prendessero posizione sulle cose importanti della società: ma ce l’avranno, una posizione? Non credo che non si esprimano per paura, ma per vuoto. Questi ragazzi vivono beatamente su Marte”.

Tommasi ottimista: “L’impegno nel sociale dei giovani è evidente”

Sarà così proprio per tutti? Lo chiediamo a Damiano Tommasi, sindaco di Verona ed ex campione anche della Nazionale. “Sono stato presidente dell’Assocalciatori, conosco molti di questi ragazzi e non generalizzerei. Persone come Barella, che ha quattro figli, o Pellegrini, sono padri di famiglia e in questo mondo vivono eccome. Gli atleti francesi si sono ritrovati all’Europeo in un momento storico per il loro paese, e alcuni hanno giustamente preso posizione: però il contesto è diverso, loro hanno potuto votare anche a distanza, come del resto i ciclisti al Tour, cosa che il nostro sindacato ha chiesto invano per anni. Una nazione che manda all’europarlamento Vannacci, non può pretendere che dei giovani calciatori salvino la baracca. Diciamo che, a volte, i nostri atleti non vengono aiutati ad esprimersi, e vista l’enorme visibilità rischiano di essere criticati e giudicati in modo pesante. Questo non significa che non abbiamo valori o consapevolezza. Io mi aspetto che un giocatore giochi a calcio, e che un ministro della cultura si occupi di cultura. Conosco i giovani, come genitore e come sindaco, e so che l’impegno nel sociale di queste generazioni è evidente. Resto ottimista”.

Forse non si prende posizione nel timore di essere sgraditi ai tifosi, oppure scambiati per atleti che divagano. O forse, peggio, non si dice niente perché niente si ha da dire. Ma è così solo da noi. Il georgiano ed ex milanista Kaladze è diventato ministro e vicepremier, l’altro rossonero Weah addirittura presidente della Liberia. Lo sport è politico per definizione perché riguarda la polis, la comunità, il consesso sociale. Non si tratta di capire per chi votino i calciatori, ma neppure soltanto di sapere dai loro profili social a che ora decollino per Ibiza. O per Marte?

Il sociologo Barbera: “Tra il calcio e la destra valori comuni”

“Il calcio è uno specchio sociale molto preciso”, dice il sociologo Filippo Barbera. “Si tratta di un mondo storicamente orientato a destra, e si sa che la destra considera marginali molti temi sociali. Schierarsi politicamente è divisivo, e il calciatore lo teme: anche perché le stesse curve sono per lo più orientate a destra, come del resto la società italiana e la maggioranza in Parlamento. Tra il calcio e la destra esistono valori comuni: narcisismo, individualismo e un forte portato simbolico”. Ma perché, invece, i “nuovi italiani” dell’atletica leggera non hanno problemi ad esprimere a voce e nei fatti il cambiamento della società, mentre i calciatori sembrano rimasti alla preistoria? “Ottima domanda, senza però una risposta facile. Forse, i ragazzi che praticano altri sport sono più calati nella realtà che li rappresenta, insieme alle loro famiglie. Dunque, la sensibilità ai temi sociali è tutt’uno con la propria storia. Il calcio no, è refrattario. Con Balotelli è stata sprecata un’enorme occasione”.

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