Nemmeno le inchieste che da mesi lo vedono sotto accusa lo hanno convinto a desistere. Gabriele Gravina ha sciolto le riserve e dopo una lunga raccolta di consensi firmati ha deciso di ricandidarsi alla presidenza della Federcalcio nel voto del 3 febbraio. E sulla carta la corsa è una partita già chiusa a suo favore, anche se da qui alle elezioni molte tessere devono ancora muoversi.
Gravina senza l’appoggio della serie A
Gravina avrà l’appoggio di cinque delle sei componenti, dai calciatori agli allenatori passando per le Leghe B, C e Dilettanti. Non della Lega di A. Sapeva già di avere i numeri che, virtualmente, dovrebbero garantirgli una rielezione comodissima. Se ha atteso fino a oggi era proprio per provare ad avere l’appoggio dei club del campionato italiano. Dovrà fare senza. E l’apertura di Del Piero a una candidatura alternativa è una mina sul percorso del presidente uscente della Figc.
L’inchiesta per autoriciclaggio e la doppia candidatura
La vera incognita è l’inchiesta per autoriciclaggio della procura di Roma su Gravina: a breve i pm dovranno decidere se chiedere il rinvio a giudizio. Lui è intenzionato ad andare avanti comunque, ma una macchia del genere potrebbe diventare ingombrante e offrire un assist alla politica – il feeling col ministro per lo sport Abodi non è mai nato – per invadere il campo. La contromossa di Gravina? Una doppia candidatura: affiancando al proprio nome quello del suo più fedele sostenitore, Giancarlo Abete, presidente della Lega dilettanti. Così, se Gravina fosse costretto a fare un passo indietro, il suo gruppo non dovrebbe rinunciare al controllo della Federcalcio.
Gravina denuncia l’ex collaboratore
Nel frattempo, il presidente passa all’attacco e denuncia per calunnia la persona da cui è partita l’indagine a suo carico: l’ex collaboratore Emanuele Floridi. “Gravina va asfaltato”, era l’ordine di scuderia. È da un messaggio inviato al finanziere spione della Direzione nazionale antimafia che è iniziata quella che i pm di Perugia definiscono come un’attività di dossieraggio nei confronti del numero 1 Figc. Indagine non autorizzata che tuttavia riportava elementi che i magistrati romani ritengono solidi.
Lega di serie A divisa in due correnti
Resta una domanda: perché la serie A non ha appoggiato Gravina? Oggi la Lega è divisa in due correnti inconciliabili. E Gravina è parte integrante della partita. È stato lui l’alfiere del recentissimo cambio di bandiera di Urbano Cairo, che allargherà la geografia della nuova maggioranza fra i club. Oggi, quando l’assemblea di A si riunirà, ci saranno almeno 13 club a fare fronte comune sulle nuove regole del voto. A guidare il gruppo, il triangolo delle grandi: Atalanta, Inter, Juventus, in mero ordine alfabetico. Nel blocco è entrato anche il Milan. Presenteranno oggi i candidati di cordata alla poltrona di presidente, in vista del primo voto per provare a scegliere il nuovo presidente: all’appuntamento del 16 dicembre si arriverà con un solo profilo tra Carlo Bonomi, ex presidente di Confindustria, Umberto Gandini, presidente della Lega Basket con un trascorso in Milan e Roma, Ezio Simonelli, già presidente del collegio dei revisori. Il nome più caldo, anche perché tra le poltrone dell’assemblea milanese è praticamente a casa.
I piani di Casini
Lorenzo Casini, il presidente uscente sostenuto dal gruppo Lotito, quasi certamente non si ricandiderà. Ma solo oggi si capiranno i suoi piani. Per capire se la serie A si affiderà a uno dei tre candidati della maggioranza o virerà su un nome più condiviso invece bisognerà arrivare a metà dicembre.