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I brividi di Spalletti. In Norvegia una finale, la Nazionale è a pezzi

Stasera a Oslo (20.45) contro Haaland una sfida già decisiva per i Mondiali. Il ct perde anche Kean, cinque gli azzurri ad aver lasciato il ritiro

OSLO – Ripudiata dall’offeso Acerbi, messa in coda alle priorità da più di un calciatore e snobbata dalla sempre più consistente parte di tifosi inclini a ricordarsi di lei solo quando vince, la Nazionale è intrappolata nel fiordo di Oslo, anche metaforicamente. Stasera (20.45) deve uscirne con i 3 punti, altrimenti rischia di passare 5 mesi a inseguire la Norvegia prima della partita spareggio del 16 novembre a Roma, con la psicosi a marzo dei play-off, che le sono già costati l’esclusione da due Mondiali.

Possibile esordio per Coppola

Spalletti ha incassato ogni colpo fino a quando gli è stato possibile. Non si è lasciato scalfire in apparenza dalla prospettiva di un debutto nel girone di qualificazione con la difesa decimata, in cui il ballottaggio da centrale del reparto, se non traslocherà Bastoni, riguarda l’esordiente del Verona Coppola, 21 anni, e il redivivo Rugani, arruolato dopo 7 anni. E il ct, che strada facendo ha perso 5 convocati (capitò spesso anche a Mancini sulla rotta per il Qatar), ha provato a resistere perfino all’imprevisto estremo, l’infortunio nell’ultimo allenamento a Coverciano del centravanti designato Kean (risentimento muscolare alla coscia destra): «Io mi ritengo sempre fortunato, posso scegliere tra tutti i giocatori italiani».

Spalletti e il like di Mancini al post di Acerbi

Poi, però, il ct non ce l’ha più fatta e alle televisioni, prima di partire da Firenze, ha consegnato il messaggio al curaro da recapitare ad Acerbi, con qualche goccia anche per il predecessore Roberto Mancini, al cui profilo social è stato ricondotto il like al post col quale il difensore dell’Inter argomentava il rifiuto della convocazione: «Un giorno Acerbi mi spiegherà in che cosa gli avrei mancato di rispetto e io spiegherò a lui chi è stato a non avere rispetto. A Mancini spero che abbiano preso il telefonino e che gli abbiano hackerato il profilo, perché la cosa non è carina».

Le scelte di formazione

La formazione dovrebbe essere fondata sul doppio trequartista (Frattesi e Tonali) alle spalle di Retegui, con Barella e Rovella in mediana, sulla linea a 3 Di Lorenzo-Coppola-Bastoni davanti a Donnarumma e sulle fasce Zappacosta e Udogie, apparentemente in vantaggio su Cambiaso e Dimarco («se così fosse non sarebbe perché sono stanchi ma perché entrando nella ripresa possono fare la differenza»).

Norvegia in testa al girone

La Norvegia, scattata in cima alla classifica con 6 punti e una differenza reti di più 7, vive la partita come una finale d’andata e con ostentata sicurezza. «Se perdo? Potete perdere anche voi», ha sorriso Spalletti con la stampa norvegese. Sotto gli occhi del loro re Harald riempiranno l’Ullevaal 28mila tifosi. Il ct Solbakken, per il tabloid Vg, ha posato in Vespa, con casco tricolore e titolazione esplicita: “Cerca la vendetta”. L’allusione è alle tre sole partecipazioni della Norvegia al Mondiale, con altrettante sconfitte (1938, 1994 e 1998) contro l’Italia. Oggi ha un attacco niente male (la coppia gigante formata da Haaland del City e da Sorloth dell’Atletico Madrid, col capitano dell’Arsenal Odegaard in rifinitura) e perché la difesa della Nazionale da 10 partite prende sempre gol e non è un modello di solidità, soprattutto sui calci piazzati: «Peserà la stanchezza di fine stagione, per noi e per loro», dice Solbakken.

La caccia al pass Mondiale

Il supplemento di energia può arrivare dell’orgoglio. Donnarumma e Tonali capeggiano un’intera generazione di calciatori italiani che ha un vuoto nel curriculum. Spalletti ha fatto un discorso chiarissimo alla squadra: “Ci sono bambini di 10 anni che non hanno mai visto l’Italia al Mondiale”. Ma la mancanza comincia a pesare anche agli azzurri arrivati alla boa dei 25-26 anni, in un elenco completato dal ventottenne Barella e da Bastoni, Dimarco, Frattesi, Retegui e Raspadori, candidato a decidere la partita in corso d’opera, per uscire bene dal fiordo di Oslo.

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