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I giorni tesi di Motta alla Juve: il futuro non è più garantito

Dopo la rumorosa sconfitta contro l’Atalanta il club riflette sull’allenatore. Per adesso resta in sella, ma il progetto è in bilico

TORINO — Il tempo che passa non gioca a favore di Thiago Motta, mai stato così in bilico da quando gli hanno affidato la panchina della Juventus, investendolo di un ruolo quasi rivoluzionario: avrebbe dovuto spostare la storia bianconera sui binari di una filosofia diversa, rimodernandone i principi, rinfrescandola con la gioventù degli uomini e delle idee. A riportare tutto al punto di partenza è però la prosa dei risultati, la crudezza di un bilancio fin qui disastroso: nel giro di due mesi hanno preso il volo Supercoppa, Champions, Coppa Italia e ogni possibile illusione di scudetto. A pesare non è tanto il cosa ma soprattutto il come, perché su ogni traguardo la Juve è franata, trovando sempre la maniera peggiore di perdere. È per questo che potrebbe essere proprio il come, e non il cosa, a segnare il futuro dell’allenatore: non sarà tanto il quarto posto in sé a condannarlo o assolverlo, ma la maniera con cui lo conquisterà o no: un’altra débâcle potrebbe essergli fatale già domenica a Firenze, ma una serie di buone prestazioni, non per forza confortate dal risultato, giocherebbe comunque a suo favore.

Motta e la fiducia della società

Proprietà e dirigenza non lo hanno scaricato e anzi fanno il tifo per lui, consapevoli che il fallimento di Motta sarebbe il fallimento del piano triennale varato in estate e dunque andrebbe addebitato anche ai vertici del club. E poi, si andrebbe incontro a un futuro opaco: al contrario di un anno fa, quando di questi tempi Motta era già stato individuato come alternativa ad Allegri, ancora non c’è il nome giusto per un possibile futuro diverso e tutti quelli circolati — principalmente tre: Conte, Pioli, Farioli — portano con sé, ognuno a modo suo, controindicazioni non secondarie. Figurarsi allora immaginare una successione nell’immediato: non c’è su piazza un allenatore d’emergenza che potrebbe garantire la Champions. C’è la disponibilità di Tudor e poco altro.

Il rapporto tra Motta e i giocatori

D’altronde, i dirigenti sono convinti che nessuno stia giocando contro Thiago Motta, anche perché nessuno avrebbe la personalità per farlo. I rapporti personali tra allenatore e squadra non sono pessimi ma lui fatica a risultare convincente nelle richieste, così i giocatori scendono in campo con un sottofondo di insicurezza e di sfiducia nelle cose da fare. Da parte sua Thiago s’è dimostrato poco elastico, ha insistito con ostinazione su scelte poco convincenti e toppato tatticamente alcune gare come quella contro l’Atalanta, che andava affrontata con un atteggiamento molto più cauto (all’andata, senza attaccanti per ragioni di forza maggiore, la Juve giocò una partita quasi perfetta, nell’equilibrio tra difesa e ripartenze): Motta ha scelto diversamente, i giocatori hanno fatto ciò che aveva chiesto (ma non l’hanno fatto bene) e i contropiede a percussione dei bergamaschi sono stati delle impietose scudisciate.

Motta e la gestione dei momenti difficili

Di Motta ha colpito anche l’atarassia con cui ha gestito il dopo partita: sembrava non provasse emozioni, o che non si rendesse pienamente conto del momento storico che stava vivendo. O magari voleva solo mantenere la calma e ridimensionare la portata del disastro per alleggerire il peso della pressione sulla squadra. La società, restando in silenzio, non lo ha aiutato. I giocatori vivono nella loro bolla spaurita. L’assurdità è che la sparizione della parola scudetto dall’orizzonte è stata dichiarata un sollievo: quando mai la Juve si è portata dentro un nemico chiamato ambizione?

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