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Igor Tudor, l’intervista: “Mai pensato di essere precario. Al Mondiale vedrete la vera Juve”

L’allenatore bianconero prima del debutto nel torneo contro l’Al Ain: “Tutti sanno che siamo qui per vincere”

WASHINGTON – Stanotte, quando in Italia saranno le tre, comincerà il Mondiale della Juventus, che è qui per cercare di guadagnare soldi e credibilità, con la sua dirigenza nuova (a Washington arriverà Comolli) e il suo allenatore vecchio ma, in un certo senso, nuovo pure lui, visto che Igor Tudor ha portato a destinazione il traghetto e adesso non ha più un’emergenza da risolvere, ma può mettersi comodo e guardare più in là: «Sono certo che la Juve della prossima stagione sarà più forte». Per l’esordio contro gli emiratini dell’Al Ain (tra loro un solo nome noto: Rui Patricio in porta) si muoverà anche John Elkann, “il presidente John”, come lo chiama Tudor. L’azionista di maggioranza tiene particolarmente a questo Mondiale e ha chiesto alla squadra di fare sul serio.

Tudor, si può dire che da oggi comincia davvero la sua Juve?

“No, il mio lavoro è già iniziato a marzo e sono qui per continuarlo. D’altronde i giocatori, a parte Rugani e Kostic, sono gli stessi ed è un vantaggio, perché non si parte da capo, perché ci sono meno cose che i giocatori non sanno e perché ci conosciamo meglio tra di noi sia come persone sia come professionisti”.

Non si è mai sentito precario, provvisorio, prima che venisse ufficializzata la sua conferma?

“No, perché tra noi c’è sempre stato un rapporto chiaro tra professionisti che fanno il loro lavoro. Forse da fuori si poteva avere una sensazione diversa da quello che abbiamo vissuto all’interno, ma la realtà era che io e la squadra ci siamo rinchiusi in una bolla mentale per due mesi, con il massimo della concentrazione. No, i ragazzi non mi hanno mai dato la sensazione di percepirmi come un allenatore di passaggio e anzi li ringrazio per la predisposizione al lavoro che hanno avuto dal primo all’ultimo giorno”.

Si pensava che avrebbero cambiato lei, invece è cambiata la dirigenza. Come si è trovato in mezzo a questo ribaltone?

“Sono scelte della società, della proprietà, cose che succedono ovunque. Io penso a fare il mio lavoro”.

Nel primo discorso alla squadra, lei la motivò assicurando che sareste andati in Champions. Adesso ha detto ai suoi che la Juve può vincere il Mondiale?

“Abbiamo fatto una preparazione un po’ così, non usuale, però i giocatori sanno, e non bisogna neanche ripeterglielo, che se fanno parte di questo club sono qui per vincere. A motivarli è stato il presidente John, che ha voluto venire al campo per ribadire con forza la voglia che ha la società di fare un lavoro come si deve in questo Mondiale, come deve fare sempre la Juve. È stato molto diretto, pimpante, ha trasmesso messaggi forti, da Juve. I ragazzi hanno apprezzato”.

È vero che sono stati i giocatori a caldeggiare la sua conferma?

“Io questo non lo so”.

Ma avrà letto che Cambiaso si è detto contentissimo della sua conferma, no?

“È normale, perché se non lo avesse detto lo avrei fatto fuori…”.

In realtà il capitano Locatelli si era esposto per lei a nome della squadra subito dopo la fine del campionato.

“È vero, e mi ha fatto piacere, perché io sono molto esigente come allenatore e lo sono in un’epoca in cui si tende sempre di più a mettere la polvere sotto il tappeto. Io non lo faccio, se c’è un problema non mi giro dall’altra parte. Ma poi io che sono così esigente gli faccio fare al massimo due allenamenti alla settimana in cui finiscono con la lingua di fuori: se non accettano neanche questo dove si va a finire? Per me è il minimo indispensabile, anche perché ormai con tutte le partite che ci sono non c’è neanche più il tempo di allenarci”.

È d’accordo con Cambiaso, che dice che le carriere dei giocatori sono destinate ad accorciarsi?

“È vero che si gioca di più, ma rispetto a qualche anno fa si mangia meglio, la medicina sportiva si è evoluta e molti hanno dei preparatori personali. Io posso dire che quando suona la musichetta della Champions, la stanchezza non la sente più nessuno”.

La musichetta del Mondiale sta facendo lo stesso effetto?

“I ragazzi li sto vedendo bene. È tornato Koopmeiners, c’è Bremer che sta andando sempre meglio, ci siamo completati e tra di loro c’è molta competizione. Ieri per la prima volta abbiamo potuto fare una partitella vera, è stato bellissimo vederli giocare uno contro l’altro al massimo”.

Si è fatto un’idea di cosa può capitare in questo Mondiale?

“È una cosa completamente nuova, difficile avere un’opinione. Sfidiamo squadre di altri continenti di cui sappiamo poco, immagino ci saranno tante differenze di qualità, ma sarà tutto da scoprire. Dobbiamo farlo concentrandoci su noi stessi”.

Avete un obiettivo minimo?

“Giuro che nella mia carriera non ne ho mai fissato uno, se non quello del lavoro quotidiano”.

Che informazioni ha delle prime due squadre che affronterete, gli emiratini dell’Al Ain e i marocchini del Wydad?

“Non vanno sottovalutate perché sanno vincere e sono molto motivate. È difficile definire con esattezza il loro valore, ai miei ho chiesto il massimo dell’attenzione. Ma poi in gara sei tu contro te stesso”.

La sua Juve continuerà a battere la strada del 3-4-2-1?

“Non mi fisso sui numeri, quando sento dire che è più moderno giocare a tre o a quattro non credo alle mie orecchie, perché se una squadra è difensiva o offensiva non dipende dal modulo ma dallo stile di gioco e dai giocatori che scegli. Mi piace il pressing, ma quello lo fanno ormai tutti, cambia soltanto se è a uomo o a zona. Dico solo che pressare in avanti è tanto bello, ma bisogna anche farlo verso la propria porta”.

Quando ancora non si sapeva se sarebbe rimasto, aveva detto che con due o tre rinforzi mirati la Juve sarebbe stata da scudetto. Lo ha ribadito anche ai nuovi dirigenti?

“Quello che ho detto lo pensavo e penso che questa squadra è forte, tanto più con il ritorno di Bremer e Cabal. Sono contento della rosa che ho e sono sicuro che il club sul mercato farà il massimo. Di una cosa sono convinto: nella prossima stagione la Juve sarà sicuramente più forte”.

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