Di tutti i talenti rastrellati dal Como, che ha già rovesciato sul mercato più di 100 milioni e non ha ancora smesso, il più intrigante è senz’altro Jesus Rodriguez, questo biondino di nemmeno vent’anni (li farà a novembre) che viene dall’Andalusia e porterà nel nostro campionato l’arte rara (rarissima, da noi) del dribbling, giocata che i canoni dell’italianismo moderno non apprezzano perché molti la giudicano più un rischio che un azzardo. All’estero invece si dribbla tanto e dappertutto: fu Guardiola, quando allenava il Bayern, a rispolverare l’importanza dell’uno contro uno, smantellando un colpo alla volta la sua stessa teoria del tiqui taca. Jesus dribbla di natura, nell’ultima stagione è stato il settimo under 23 per dribbling riusciti, entrando in classifica assieme a giovani fenomeni come Lamine Yamal, Doué, Nico Williams, Doku. Fabregas l’ha voluto perché aggiri i difensori come birilli: giocherà sulla fascia sinistra (ma può farlo anche a destra) e gli verranno chieste improvvisazione e fantasia.
Il tweet del madridista Ceballos: “Che giocatore!”
A volte il mercato è strano. Rodriguez aveva una clausola di 50 milioni, ma è venuto via per meno della metà (22,5) nonostante mezza Europa avesse già acceso i fari su di lui, sia in Spagna sia in Premier (era nella lista della spesa dell’Aston Villa). Il ragazzo si è rivelato nel Betis Siviglia di Manuel Pellegrini, straordinario cesellatore di talenti: dopo aver fatto meraviglie nelle squadre riserve, risultando decisivo per la promozione dalla quarta alla terza serie, nella stagione passata è entrato in pianta stabile in prima squadra, collezionando 32 presenze (con 3 gol) tra Liga, Copa del Rey e Conference, giocando anche un bel pezzo della finale contro il Chelsea. Si è guadagnato spazio, fama, un posto nell’Under 21, dopo essere stato campione europeo con l’Under 19, e la considerazione dei colleghi, tant’è che il mediano madridista Dani Ceballos, grande tifoso del Betis, ha twittato entusiasta: “Che giocatore ha, il Betis!”.
L’ammirazione per Neymar: “Ma copiarlo è difficile”
Che giocatore è, dunque? Fisicamente deve ancora irrobustirsi, ma è molto veloce e spesso implacabile nell’uno contro uno, che usa come sistema per liberarsi, accentrarsi e andare al tiro. Il suo idolo, e il campione cui si ispira, è Neymar: “Lo amo davvero, perché in campo è un tipo sfacciato, a cui non importa di niente. È sempre stato un modello per me, ho guardato molti suoi video per cercare di imitarlo, ma ci sono cose molto molto difficili da rifare”.
Gli inizi nel Siviglia, poi al Betis con Diao
Rodriguez ha cominciato nel Siviglia (è nato in un piccolo centro alla periferia del capoluogo andaluso), che lo ha misteriosamente tagliato nel 2019 malgrado una stagione da 35 gol nella terza divisione regionale. Dopo un paio di annate in un’altra squadra della zona nota per avere un eccellente vivaio, il Nervion, Rodriguez è stato poi reclutato dal Betis. Ha cominciato a mettersi in luce nella squadra riserve insieme ad Assane Diao, il vecchio compagno che lo ha preceduto a Como nel gennaio scorso: da lì, il salto in prima squadra, il primo contratto da professionista e la chiamata di Fabregas.
I consigli di Joaquin e la delusione per la cessione
Il Betis non ha esitato a venderlo, deludendo i Rodriguez stessi: “Non pensavano che avremmo lasciato Siviglia così presto”, ha dichiarato papà Cristobal. “Credevamo che il Betis avrebbe fatto di più per trattenere Jesus, ma non è stato così. A quel punto, c’era da andare e siamo andati”. Quando ha cominciato a imporsi, i tifosi del Betis lo hanno accostato a una leggenda del club, Joaquin, e speravano ne ricalcasse le orme: dopo un solo anno coi grandi, invece, è già finito altrove anche se Joaquin, tra l’altro ex viola, ha preso a cuore il ragazzo e continua a dargli consigli.
Formula 1, padel e un padre un po’ troppo presente
Jesus ha un fratello, Juan, che gioca nelle giovanili del Betis. Lo descrivono come un ragazzo introverso, che ama la Formula 1 e preferisce il padel ai videogiochi. Suo padre gli sta molto addosso: “Ho fatto di tutto perché mio figlio diventasse un calciatore”. Ecco, l’ossessione paterna potrebbe essere un problema: a Fabregas toccherà in qualche modo gestire anche questo.