La posa da tronfi spesso è il preludio di inevitabili tonfi. Al Mondiale i due top-club argentini – Boca Juniors e River Plate – ora fanno i conti con l’eliminazione, le ambizioni silenziate, il palcoscenico non goduto e un montepremi esiguo all’incasso. Le squadre che rappresentano il paese campione del mondo in carica al pronti-via sono state sbattute fuori dal torneo. Senza alibi, senza giustificazioni.
Quattro brasiliane agli ottavi del Mondiale per club
E’ un declassamento che non deve stupire. Per dire: l’ultima squadra argentina ad aver vinto la Copa Libertadores è stato nel 2018 il River. Sette anni fa, nel pirotecnico “Superclásico” che si giocò tra Buenos Aires e Madrid. Poi, negli anni a seguire fino ad oggi dominio incontrastato delle squadre brasiliane. E infatti l’uscita di scena va anche a ridisegnare le gerarchie del calcio sudamericano, con le quattro brasiliane (Flamengo, Fluminense, Botafogo e Palmeiras) tutte agli ottavi, così come il Messico – con il Monterrey che passa, a fronte di un Pachuca rimasto al palo – tiene alta la bandiera con una qualificazione ottenuta spingendo in là proprio il River. Sul ponte sventola bandiera bianca, cioè albiceleste.
River ko con l’Inter nella partita decisiva
E dunque: la “derrota”, la sconfitta del River – che nella partita decisiva ha perso 2-0 contro l’Inter chiudendo in nove con il corollario di una ignobile rissa e delle accuse di razzismo per Acuña – ha assunto il contorno di un abisso. Lì dentro sono precipitati i Millonarios. El Muñeco, al secolo Marcelo Gallardo, allenatore del River, si è scusato con i propri tifosi. Non più tardi di due settimane fa, coltivava sogni di gloria e confidava che i suoi erano pronti per vincere la manifestazione.
L’ultima di Mastantuono in maglia River
Quella contro l’Inter è stata anche l’ultima partita con la maglia del River di Franco Mastantuono, 17 anni di talento e promesse, top-player in progress, appena venduto al Real Madrid per 63,2 milioni di euro. Il ragazzo, al fischio finale, è scoppiato in un pianto che spingeva la platea alla tenerezza. Mastantuono in questa fase storica è la cartina tornasole della questione argentina: i migliori – crack o presunti – vanno in Europa, a Buenos Aires rimangono (o tornano) gli altri. Nei “Millionarios” attualmente ci sono solo due giocatori che frequentano la nazionale, i difensori Acuña e Montiel.
Delusione Boca
Resta da dire del Boca, il cui bilancio è persino peggiore di quello del River: il club che è stato di Maradona e Tevez ha pareggiato con il Benfica, ha perso con il Bayern Monaco ed è riuscito nella tafazziana impresa di pareggiare con i neozelandesi dell’Auckland City, che nei precedenti due match aveva incassato 16 gol senza segnarne alcuno e tra i cui ranghi militano un insegnante di educazione fisica, il professor Gray, un addetto alla pulizia delle piscine, Sebastián Ciganda, un agente immobiliare, Adam Mitchell e svariati altri dopolavoristi che – per partecipare al Mondiale – hanno preso le ferie.
Sette partite senza vittorie
Non più tardi di un mese fa la Bombonera bolliva di rabbia, dopo la sconfitta contro l’Indipendente che sanciva l’eliminazione ai quarti di finale del Torneo di Apertura e replicava con modalità ancora più amare l’eliminazione dalla Copa Libertadores, avvenuta addirittura durante la fase preliminare. Nell’occasione i tifosi del Boca avevano rivolto cori molto pesanti anche all’idolo più amato, Juan Román Riquelme, attualmente presidente del club. Segnale preoccupante: considerando tutti gli impegni ufficiali, il Boca ha inanellato un filotto di sette partite senza vittorie (l’ultima gioia il 19 aprile).
Le scue di Russo ai tifosi del Boca
L’allenatore Miguel Ángel Russo, che aveva sostituito l’esonerato Fernando Gago, giustificando l’uscita dal Mondiale per club, ha detto che “il Boca non è stato all’altezza della sua storia”. E’ la fotografia di una crisi profonda, di un club che naviga a vista e che sembra aver smarrito il fascino di un tempo.