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Il flop dell’Italia in Champions: un passo indietro di dieci anni con Milan, Atalanta e Juve fuori

Le eliminazioni a sorpresa della nostre squadre nei play-off riportano la serie A ai livelli del 2015

C’eravamo illusi con la prima Europa League dopo 25 anni, quella dell’Atalanta, la finale di Champions dell’Inter nel 2023, il cammino spedito di Roma e Fiorentina (altre quattro finali, e un titolo) nelle due coppe minori, la quinta squadra in quella maggiore e la risalita nel ranking dove, su base quinquennale, ci precedono solamente gli inglesi. Stiamo però regredendo: non avremo il pass aggiuntivo concesso sul coefficiente annuale, la quinta in Champions ci sarà solo se Lazio o Roma vinceranno l’Europa League senza arrivare tra le prime quattro in campionato. Soprattutto, tornano i guai che sembrava ci fossimo lasciati alle spalle. L’Inter sta per scoprire l’avversaria fra Psv e Feyenoord: l’ultima volta con una sola italiana agli ottavi fu nel 2015, la Juve di Allegri che arrivò in finale. All’epoca partivamo con tre squadre e una, il Napoli, uscì ai preliminari.

Sconfitte da avversarie sulla carta più deboli

È un fallimento di sistema o una somma di diversi fallimenti locali? L’uno e l’altro, perché non possiamo scordarci che i soli allenatori italiani in attività ad avere vinto in Europa sono Ancelotti, Sarri e Gasperini (l’unico ad averlo fatto con una squadra italiana), né che dal 2010 ai Mondiali o non ci andiamo o facciamo figure barbine, ma il vero elemento che accomuna il tracollo di Milan, Atalanta e Juventus è un altro: sono state sorprese da formazioni più deboli tecnicamente e finanziariamente (il rapporto dei fatturati è 4 a 1) ma superiori per ritmo, intensità, aggressività. Feyenoord, Bruges e Psv hanno schiantato i nostri eroi correndo come dannati, pressando su ogni palla, togliendo il respiro a calciatori abituati a qualcosa di molto più blando in campionato. C’è cascata persino l’Atalanta, che quando era meno attrezzata tecnicamente teneva botta, per intensità, anche con Liverpool e City, e ora che ha un organico di livello più alto soccombe con il Bruges, una specie di Atalanta fiamminga.

Il Milan e le sue divisioni interne

I bergamaschi sono però usciti per una serie di dettagli sfavorevoli, mentre i disastri di Milan e Juventus sono tutta farina del loro sacco. I rossoneri prima hanno buttato a Zagabria la posizione raggiunta (anche grazie a un sorteggio favorevole) e poi sono incappati in una eliminazione paradossale a opera di una squadra malmessa, con un allenatore di passaggio e il giocatore migliore diventato avversario: è la conseguenza delle divisioni interne che dilaniano la squadra, che né Fonseca né Conceiçao hanno saputo domare e che la società, con le sue mancanze, rinfocola.

I tifosi irritati con Thiago Motta

Il Milan non sembra orientato verso un obiettivo comune e lo stesso sospetto viene a proposito della Juventus, perché quando il rendimento procede a sbalzi (molto bene e molto male nel giro di tre giorni) significa che manca uno spartito chiaro da seguire, e convinzione nel seguirlo. Thiago Motta, che in Europa è un allenatore debuttante, dimostra scarsa prontezza nella lettura delle partite e cautele eccessive: a Eindhoven s’è dedicato fin da subito a una gara di mera attesa. Stava giocando per il pareggio, anche se dice di non saperlo fare. I tifosi sono irritati anche per la mancanza di autocritica del tecnico (“Rifarei tutto, l’atteggiamento era giusto”), che ha criticato i suoi: “Certi gol non si possono prendere, a questi livelli”. Resta l’alibi della bassissima età media, ma pure una realtà sconcertante: i tre acquisti di peso – Douglas Luiz, Koopmeiners, Nico Gonzalez – sono finora fallimentari. Allo stato attuale, un flop da 150 milioni.

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