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Il mercato di riparazione è diventato il bazar della disperazione: tanti sogni mordi e fuggi

C’è l’affannosa corsa all’affare dell’ultimo minuto, ma di solito le squadre che vincono sono quelle che cambiano poco

Roccaraso non era di napoletani attratti da una influencer, ma di ali sinistre considerate dal Napoli come possibili eredi di Kvara. In un calando sinfonico sono arrivati da tutto il mondo: Inghilterra (Garnacho), Germania (Adeyemi), Italia (Ndoye), Olanda (benché Noa Lang ai più suggerisse una pietanza thailandese) per finire con la Turchia di Saint-Maximin, che s’invoca quando San Gennaro non si degna. Tutti sogni mordi e fuggi. E così Conte, con i suoi «pochi con cui andare alla guerra» ha riecheggiato Sarri e i suoi «tredici per un golpe».

Il mercato di gennaio è il gran bazar della disperazione

Il mercato di gennaio è il gran bazar della disperazione. Un tempo, quando si teneva a novembre e si potevano scambiare soltanto calciatori non ancora utilizzati, era definito di “riparazione”, come per gli studenti rinviati a dopo l’estate. Ora è un appello per i bocciati del primo quadrimestre. Fosse un esame della patente la prova sarebbe un’inversione a U. Il Milan che ha già scaricato l’allenatore cambia per intero la difesa (gli resta soltanto Theo e per sua ripicca) e l’attacco. Se a Conceiçao va bene quel centrocampo, contento lui. La Juventus ha tenuto Motta in panchina per principio, ma ne tradisce quel che chiamano la “filosofia”: rinnega i difensori duttili come Danilo e Cambiaso cercando dei paletti nella sabbia. Quanto alla Next Gen, son tutti lì a cantar De Andrè: “Come fan presto ad appassir le rose”. Follie da grandi, che se le possono permettere, non fosse che il Venezia e il Monza, dovendo salvarsi, lasciano andare i loro migliori giocatori (Pohjanpalo e Maldini). E senza la giustificazione della proposta che non si può rifiutare ricevuta dal Lecce per Dorgu (a 40 milioni Corvino lo portava in braccio fino a Manchester, città dei balocchi).

Tante rivoluzioni, ma di solito vince chi cambia di meno

C’è un disegno lucido dietro questa follia. L’apparenza può indurre a pensare che faccia parte di un progetto di redenzione. Insieme con le cinque sostituzioni consente di rimediare ai peccati di partenza. Sbagli rosa, sbagli formazione, ma non sei condannato, puoi cambiare in corsa e diventare migliore in previsione del giudizio finale. Non fosse che il calcio è un gioco, per natura spietato come tutti gli altri: in una mano di poker non è che puoi continuare a cambiare le carte, lo fai una volta, poi l’estate finisce e vai a vedere. Dietro questa frenesia c’è una necessità: far giocare più calciatori nella stessa partita, molti di più nello stesso campionato, alzando i numeri nelle statistiche, quelli degli affari conclusi, degli ingaggi, delle provvigioni. Sarà un caso, ma di solito vince di più chi cambia meno.

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