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Il patto della Svizzera tra ct e giocatori, senza bisogno di spie

L’accordo nello spogliatoio ha salvato il posto a Yakin

Stoccarda — Se per l’Italia a parlar di patto si fa peccato, è invece pacifico che fra il ct svizzero Murat Yakin e i suoi giocatori ci sia un accordo.

Il compromesso con il ct

Anzi, c’è proprio quel compromesso alla base delle fortune della nazionale elvetica in questo Europeo. Per la squadra, che in campo sembra divertirsi e che per poco non batteva la Germania, la svolta è arrivata dopo il difficile mese di novembre dell’anno passato, quando nelle qualificazioni arrivò la sconfitta con la Romania, dopo un pari con il Kosovo. I senatori dello spogliatoio fecero presente al tecnico, a rischio esonero, che secondo loro la squadra avrebbe girato meglio con la difesa a tre, che pure alla prova del fuoco — proprio contro i romeni di Iordanescu — non aveva funzionato.

Su quell’indicazione tattica, sostenuta per primo da Granit Xhaka, Yakin ha accettato di lavorare. E col senno di poi ha fatto bene. Oggi uno dei punti di forza della sua nazionale è proprio il trio Schar-Akanji-Rodriguez a protezione della porta di Sommer.

Il collaboratore poliglotta

Allo stesso modo, nel febbraio scorso, Yakin non si è fatto problemi a portarsi in casa un collaboratore bravo quanto ingombrante come Giorgio Contini, nato nel 1974 come lui, già suo braccio destro dodici anni prima a Lucerna e nel frattempo diventato primo allenatore. A Contini, ex punta, Yakin ha delegato parte del lavoro sui meccanismi di attacco, tenendo per sé l’organizzazione della fase difensiva. Non parlando che tedesco e turco — Yakin è nato a Basilea, ma i suoi genitori vengono dalla Turchia — ha sfruttato le doti di poliglotta di Contini, in una nazionale dove in conferenza stampa i giocatori rispondono con scioltezza in quattro lingue. Lo ha fatto ieri, dal ritiro di Stoccarda, Michel Aebischer, uno dei tre giocatori del Bologna in rosa. Un altro bolognese, Calafiori, sabato avrebbe potuto giocare nell’Italia, ma è squalificato. «Meglio per noi, Riccardo è fortissimo», lo ha lusingato il ragazzo di Friburgo. Poi, facendo esercizio di umiltà, ha concesso: «L’Italia ha grande qualità, dovremo anzitutto difenderci». Un’inversione a U rispetto alle dichiarazioni roboanti dei giorni scorsi di Yakin, secondo cui sarebbero gli azzurri a dover temere gli svizzeri e non viceversa.

I segnali di una nuova prudenza nelle parole c’erano stati già mercoledì quando l’altro rossoblù Freuler (l’ultimo è Ndoye) la mattina aveva ricordato agli italiani di essere rimasti a casa mentre la Svizzera volava in Qatar, salvo poi scusarsi la sera su Instagram. Basso profilo, quindi, con l’avvicinarsi della partita. E tanto lavoro, sotto gli scrosci monsonici della collina del Baden-Württemberg scelta dagli svizzeri per prepararsi.

I dubbi di formazione

I dubbi principali Yakin li ha su cosa fare in fascia destra, dove al posto di Widmer, squalificato, dovrebbe giocare Stergiou. Per il resto tiene aperta la questione dell’attacco: fin qui ha alternato cinque maglie sulle tre posizioni offensive.

Il 3-4-2-1 nato dal patto coi giocatori, e rodato nelle amichevoli della scorsa primavera, in questi giorni di ritiro viene rafforzato dai riti di un gruppo sempre più coeso, in cui chi siede in panchina non frigna. Agli scacchi e alle freccette, fra i passatempo si è aggiunto il black jack. Attività di concentrazione, più che di sfogo. «Dovremo essere super concentrati», aveva detto Yakin prima di affrontare la Germania. E stava per vincere. Questa volta, di fronte al cancelliere federale Viktor Rossi e al campione dello sci Marco Odermatt, arrivare vicino alla vittoria non gli basterà per passare il turno.

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