ATLANTA – Messi ha completato la sua missione, vale a dire spostare l’attenzione dei tifosi distratti su questa Coppa del Mondo per club che quelli accaniti invece guardano un po’ di sottecchi, accendendo luci su un torneo a cui, a rigor di regolamento, la sua Inter Miami non avrebbe dovuto partecipare. Il Mondiale di sua altezza Leo è finito con un calcio di punizione perfetto per lui (18 metri, leggermente spostato sulla destra) che è però andato a sbattere contro la barriera. Un attimo prima un suo perentorio colpo di testa (!) era stato parato da Donnarumma, ma era già da mezza partita che era ai saluti, impietosamente schiantato dal Psg, quattro gol in un tempo (due di Joao Neves, uno di Hakimi, un’autorete) segnati con azioni irresistibili, a velocità supersonica, di tecnica ineccepibile e apparentemente così naturali.
Il Psg si limita a giocare solo il primo tempo
L’Inter rosa di Messi è andata appena meno peggio di quella nerazzurra, anche perché il Psg non ci ha messo la cattiveria che avrebbe potuto per umiliare chi a Parigi non ha mai speso il cuore e se n’è andato con l’anima di traverso. Si sono limitati, i francesi, a dargli una spettacolare lezione di calcio corale: mentre lui provava a inventare qualcosa per compagni che non coglievano il senso dell’invenzione, quegli altri dimostravano ancora una volta come la somma di tanti ottimi giocatori possa dare come totale un fuoriclasse collettivo.
Messi sconfitto Luis Enrique, il tecnico con cui litigò
Sul volto di Messi si è letta la frustrazione di chi ha perso contro la squadra che non ha amato e un allenatore che ha faticosamente sopportato: nei suoi tre anni con Luis Enrique dovette accettare regole generali a cui in genere aveva il privilegio di sottrarsi e la prima stagione assieme, quella che si concluse con il triplete del 2015, fu costellata da numerose liti tra i due. Tutto cominciò, pensate un po’, perché Luis Enrique non fischiò un fallo su Messi in allenamento facendolo infuriare, tant’è che nella partita dopo venne escluso per punizione. C’era evidentemente del livore represso, che eruttò con un pretesto ma poi si placò quando Lucho (che a Barcellona si presentò così: “Qui il leader sono io”) disse a Leo: “Se ascolti quello che ti dico, vinceremo tutto”. Lo ascoltò, riottoso, ma lo ascoltò. E vinsero tutto, in effetti.
Il Psg rappresenta la nuova era
Questa volta è finita a baci e abbracci, anche se quelli con il trasporto maggiore Luis Enrique li ha scambiati con Mascherano, oggi allenatore dell’Inter Miami, e Busquets, due dei quattro ex culès del triplete (gli altri sono Suarez e Jordi Alba) che fanno da corona a Messi qui in Florida. Non è più l’epoca del loro calcio, questo è chiaro. Potremmo invece essere definitivamente entrati in quella del Psg. Luis Enrique le abita entrambe.