Ma cos’è davvero il madridismo? Sono le coppe vinte una dopo l’altra, le rimonte impossibili nell’inferno (il miedo escenico) del Bernabeu, le stelle reclutate con il fascino dei soldi e della gloria, l’esibizione sfrontata di classe e potere in dosi uguali? Oppure è l’arroganza, la tracotanza, la prepotenza di un club che si è sempre sentito al di sopra di tutti e spesso anche al di sopra di tutto, comprese leggi, regole e istituzioni? Può essere che il madridismo sia una cosa e l’altra, che grandezza e gigantismo viaggino a braccetto e che l’una fomenti l’altra, e viceversa.
Il rapporto stretto con il potere
Il Real è sempre stato dalla parte del potere (era franchista con Franco, per esempio, mentre il Barcellona faceva resistenza). Anzi, è sempre stato parte del potere. Però ha spesso dimostrato di sapersi meritare quel ruolo dominante, quasi imperialista, come se il calcio fosse un suo dominio: ha collezionato quasi tutti i campioni più grandi, da Di Stefano ai due Ronaldo, e ha vinto più di chiunque altro, alimentando il mito di sé ma anche l’impossibilità di distaccarsene, quasi come se all’arroganza e alla protervia fosse in qualche modo condannato. Negli stadi spagnoli è spesso accolto dallo slogan ¡Así, así, así gana el Madrid! (così, così, così vince il Madrid!), riferimento a certi successi prepotenti accompagnati dall’accondiscendenza degli arbitri: l’origine del coro si fa risalire a una partita del 1979 in casa dello Sporting Gijon, quando il comportamento dei madridisti (calci, pugni, furberie) fu talmente scorretto che a un certo punto lo stadio El Molinon esplose ritmando quella rima. I tifosi delle merengues, però, negli anni si sono appropriati anche di quel coro e lo urlano per sottolineare le vittorie particolarmente spettacolari: è così che noi vinciamo, perché siamo i migliori.
Florentino Perez, il presidente perfetto
Sotto il regno di Florentino Perez l’arroganza del Madrid ha raggiunto livelli mai toccati prima, sia sotto forma di sponde politiche (a cominciare dalla gigantesca speculazione immobiliare all’origine della costruzione del centro sportivo di Valdebebas: Perez è un immobiliarista) sia di atteggiamenti sprezzanti verso ogni tipo di etica sportiva. Gli ultimi giorni sono stati addirittura rutilanti: prima i video di Real TV contro l’arbitro della finale di Copa del Rey, poi la minaccia di non giocarla dopo il pianto in diretta del direttore di gara, scosso da quelle pressioni, quindi la partita a nervi scoperti contro il Barcellona e infine la follia di Rüdiger, che ha scagliato un contenitore del ghiaccio verso l’arbitro.
Il progetto della Superlega
Ma negli ultimi anni la deriva amorale del Real è stata incontenibile: il punto più alto è stato senz’altro la fondazione della Superlega, il progetto separatista del calcio dei ricchi che Perez ha ideato e organizzato, con la sponda di Andrea Agnelli e del Barcellona, con l’intenzione di creare un gruppo di squadre d’élite che si spartissero la torta di miliardi che il calcio sforna. Non gli è venuta bene, bisogna dirlo, e da allora il Real è in continua e aperta polemica con le istituzioni: dalla Fifa (ha minacciato di non partecipare al Mondiale per Club perché troppo poco remunerativo) alla Uefa alla Lega calcio spagnola.
Il boicottaggio del Pallone d’oro
Il Real non accetta di essere battuto e specialmente di non essere riconosciuto come una casta superiore: all’ultima cerimonia del Pallone d’oro i madridisti non si sono presentati perché il primo premio non è andato a nessuno di loro ma a Rodri, spagnolo del Manchester City: se ne sono fregati del secondo posto di Vinicius, del terzo di Bellingham, del quarto di Carvajal, del secondo di Güler tra i giovani, del terzo di Lunin tra i portieri, del riconoscimento ad Ancelotti come miglior allenatore, di quello di squadra dell’anno. Hanno vinto quasi tutto, ma quel quasi lo hanno giudicato uno sgarbo inaccettabile. Del resto, quello è stato l’atteggiamento storico di due dei più grandi campioni madridisti della storia recente, Sergio Ramos e Cristiano Ronaldo: due fuoriclasse anche dello spregio. Ora il simbolo degli antimadridisti è Vinicius, dribblatore sublime e simulatore insopportabile. Ma anche Rüdiger ha il suo perché: nel turno precedente, dopo aver eliminato l’Atletico è andato dai tifosi avversari a mimare il gesto del tagliagola. E in finale di Coppa del Re, una volta uscito per infortunio, ha tirato degli oggetti contro l’arbitro e per questo rischia 12 turni di stop.