ROMA — Su un divano di velluto dell’hotel Cavalieri sedevano vicini, scambiando convenevoli, persino due nemici giurati come Infantino e Ceferin. Nemmeno loro, leader intoccabili di Fifa e Uefa. volevano rovinare la festa di Gabriele Gravina. Sei anni dopo la sua prima elezione, il consenso intorno al presidente della Federcalcio è persino aumentato: il 98,68% con cui è stato eletto per la terza volta alla guida del pallone italiano — senza avversari a contendergli la corona — supera il già bulgaro 97,02% della prima volta. In mezzo, da quel 2018 a oggi, Gravina ha dovuto affrontare una pandemia, la vittoria di un Europeo, l’esclusione da un Mondiale, il disastro di Euro 2024, gli assalti della politica con decreti e emendamenti. E poi la battaglia senza esclusione di colpi con Lotito e con la serie A. Fino all’accusa di autoriciclaggio che da marzo pende sulla sua testa e prima di fine mese potrebbe produrre un rinvio a giudizio. Un anno fa pensava di non ricandidarsi, Gravina, o almeno questo diceva ai fedelissimi. Ieri invece puntava l’indice contro «tranelli, calunnie e traditori».
Gravina e il patto con le big
A certificarne il successo politico era l’assenza del suo avversario principe: Claudio Lotito. Il potere del presidente della Lazio si è consumato in pochi mesi: dal controllare la Lega al restare fuori dal Consiglio della Federcalcio, senza nessun incarico nella politica del pallone. In autunno Gravina riuscì a far passare la sua riforma dei pesi elettorali senza farsi bocciare dai grandi club. Oggi le big — Juventus, Inter e Atalanta su tutte — hanno creato un nuovo asse di potere e stretto un patto d’acciaio con Gravina, mentre Lotito è rimasto solo, come al tavolo del pranzo stellato organizzato dalla Lega serie A prima dell’ultima assemblea, in rotta di collisione anche con il suo alleato storico De Laurentiis. A conti fatti, solo una squadra di serie A non ha votato per il presidente rieletto, oltre alla Lazio assente.
Il rapporto tra Gravina e Infantino
Ma i suoi avversari non sono tutti in quell’1,32% di voti contrari. Infantino, numero uno del calcio mondiale, non è mai stato vicino a Gravina. E ieri ha lasciato l’assemblea prima della proclamazione, senza quindi applaudirne il successo. Con una battuta eloquente: «Da due Mondiali sono presidente della Fifa e in entrambi l’Italia non si è qualificata. Datevi una mossa».
Gli obiettivi di Gravina
L’obiettivo del nuovo mandato di Gravina è prima di tutto ottenere più risorse da distribuire alle società, in costante affanno economico. «Pretendiamo dallo Stato che torni al calcio una percentuale sulle scommesse sportive». Soldi che Gravina vorrebbe destinare a progetti per giovani, donne e impianti. Ma alla politica ha chiesto anche un fondo pubblico proprio per rifare gli stadi: «Mi si dice che per Euro 2032 non ci possano essere contributi: apprezzo siano sostenuti ciclismo o sci, ma non amo quando il calcio viene considerato la cenerentola di tutto lo sport». E invoca «un commissario per gli stadi che possa eliminare lacci e lacciuoli burocratici, gli imprenditori stanno andando via». Al ministro per lo Sport Abodi devono essere fischiate le orecchie se in quei minuti ha chiamato in causa la Figc per «l’applicazione non sempre puntuale delle regole» nel controllo sui bilanci delle squadre. Rispondeva alle domande su un’inchiesta di Report e sulle «pressioni per non fare escludere l’Inter dal campionato» denunciate da Sigfrido Ranucci. Argomento su cui la procura federale della Figc ha acceso ieri un faro che potrebbe diventare presto un’indagine ufficiale.