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Inghilterra, tutti contro Southgate. “Giochiamo di m…”. E c’è chi incolpa Guardiola

I Tre Leoni, che agli ottavi affronteranno la Slovacchia, hanno vinto il girone con una vittoria e due pareggi. Il ct non riesce a far coesistere Bellingham e Foden. I calciatori del City sono in difficoltà senza il loro guru

DORTMUND – Di chi è la colpa?, si domandano costernati gli inglesi (anche loro sono diverse milionate di ct) misurando la miseria della loro nazionale e confrontandola con quello spettacolo planetario che è la Premier League. Perché il campionato più importante, ricco ed eccitante del mondo partorisce il topolino di una selezione sciatta e noiosa? La risposta più sbrigativa (è colpa di Southgate) è anche la meno convincente, o la più inesatta: se è vero che il ct ha il torto di non aver saputo legare assieme tutti i talenti che può permettersi di convocare, lui è quello che ha portato l’Inghilterra fuori dalle secche di anni di fallimenti, arrivando a tanto così (cioè a un calcio da rigore) dall’interrompere un digiuno di vittorie che dura da 58 anni. “Stiamo migliorando”, dice alla vigilia dell’ottavo di finale contro la Slovacchia. “Sono impaziente di cominciare la seconda fase del torneo, quella in cui solito esprimiamo il meglio”.

La Premier logora anche chi non ce l’ha?

Sono giorni che si analizzano le cause del gioco deprimente mostrato dall’Inghilterra nelle prime tre partite, finite con una vittoria asfittica sulla Serbia e con due pareggini stentati con Danimarca e Slovenia. Alla fine si è arrivati a un grande classico: la Premier consuma i giocatori, li fa arrivare esausti alla fine della stagione. È una motivazione valida, però sembrano esausti anche Bellingham e Kane, gli unici due elementi della rosa che giocano all’estero. Oltretutto, il Real ha vinto la Liga con grande anticipo e il Bayern è uscito presto dalla lotta per il titolo, quindi in teoria avrebbero avuto il modo di rigenerarsi: perciò è una spiegazione che non spiega tutto.

Foden, Walker e Stones, i guardiolani regrediti

L’altra teoria è che il sistema di gioco del Manchester City è talmente sofisticato che per i suoi calciatori è difficile tornare alla normalità, quando vanno in nazionale: ma è possibile che Stones disimpari a difendere, Walker a sprintare sulla destra e Foden a dribblare e poi accentrarsi per il tiro soltanto perché non hanno più uno schema da seguire? No, non lo è.

Da Keegan a Beckham, sessant’anni di fallimenti

È probabile allora che la risposta sia scritta nella storia, in questi quasi sessant’anni di fallimenti implacabili. I grandi ex diventati opinionisti non risparmiano critiche anche feroci alla squadra. Ognuno dice la sua e Southgate li ha messi in riga: “Il nostro gruppo è buono, in questi giorni ci siamo anche rilassati, divertendoci a giocare a golf e a padel. Per restare sereni dobbiamo solo evitare di dare retta ai consigli non richiesti”. Tra la nazionale e gli opinionisti è infatti guerra aperta: in una conversazione tra Shearer e Lineker nel podcast di quest’ultimo, The rest is football, si è toccato il clou quando hanno osservato che “l’Inghilterra gioca di merda”, provocando la velenosa reazione di Kane: “Mi sembra che sia molto tempo che non vinciamo, e loro hanno contribuito”. Una stilettata pungente, giusto per ricordare che negli anni hanno fallito Keegan e Robson, Lineker e Shearer (toh), Owen e Rooney, Scholes e Beckham, Gerrard e Lampard, Eriksson e Capello. Sheringham ha invece ottenuto i risultati migliori e ha anche avuto il merito di riorganizzare le strutture federali e dare spazio ai giovani, allargando la base tra cui poter scegliere e che soprattutto negli anni di Capello era davvero esigua. La storia non mente, la storia forma il Dna, condiziona i pensieri: questa Inghilterra può fare eccezione.

Bellingham e Foden, coesistenza difficile

Poi, certo, i problemi tattici ci sono: per fare coesistere i due giocatori più forti, Bellingham e Foden, Southgate ha dovuto arretrare uno e defilare l’altro, finendo per castrarli entrambi e condizionando anche Kane, che dovrebbe essere il loro punto di appoggio. Ma oggettivamente, avrebbe senso togliere uno di due per lasciare espandere l’altro? No, certo, per cui Southgate tira avanti cercando equilibri difensivi (che ci sono, e il carneade Guéhi è finora uno dei più positivi) e sperando che il talento smisurato di cui dispone possa fare la differenza, perché davvero la può fare. “Dobbiamo rimanere composti, la difesa è importante” ha di nuovo ricordato alla vigilia, perché se sulla solidità si innesta il talento, l’Inghilterra può diventare deflagrante.

Gli inglesi non hanno una scuola tecnica

Il punto è che gli inglesi, che a livello di tecnica individuale sono cresciuti moltissimo perché confrontarsi sempre con i migliori fa crescere, non hanno più una scuola, e da un bel po’: è per questo che la storia ha finito per stratificare un Dna di fallimenti, resettando quello delle origini. L’ultimo allenatore inglese ad aver vinto un campionato è stato Wilkinson nel 1991 (Leeds), l’ultimo a raggiungere una finale di Champions Venables nel 1986 (Barcellona). Il secondo posto europeo di Southgate nel 2021, per altro dopo la semifinale mondiale di tre anni prima, è stato dunque un traguardo mastodontico e fuori contesto.

La sfida di Calzona: “Valgono dieci volte noi”

L’ottavo finale con la Slovacchia di Calzona non è complicato. Il ct italiano della nazionale di Bratislava osserva che “la loro rosa vale dieci volte più della nostra: un miliardo e mezzo a 150 milioni”. Il rapporto di forza non è magari così squilibrato come le valutazioni di mercato, ma di certo la differenza è tanta: “Se l’Inghilterra diventa un collettivo, è invincibile. Hanno la squadra migliore del torneo, fisicità, tecnica, estro”. In un certo senso, Southgate concorda: “Dobbiamo mantenere le promesse, però non giochiamo male come pensa la gente: nei giudici c’è sempre un 5 per cento di esagerazione, in un senso o nell’altro”.

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