Gli ultimi mesi da capitano del Napoli, Lorenzo Insigne vuole viverli da protagonista. Il calciatore azzurro ha concesso un’intervista al sito rivistaundici.com, nella quale ha ripercorso i suoi inizi nel mondo del calcio.
“Il mio primo pallone è stato un Super Santos, arancione, leggero, non leggerissimo come il Super Tele che era impossibile da controllare: seguiva il vento. Giocavo in strada, mettevamo dei mattoncini come porte, si sapeva quando si cominciava e non si sapeva quando si finiva. C’era una specie di campetto dove fare due contro due, tre contro tre, una gabbia, mi divertivo così”.
Il calcio è stata la strada che lo ha portato in alto, verso una carriera di soddisfazioni. Al punto che non c’è stato tempo per pensare a un’alternativa.
“Eppure, sapevo che non tutti potevano arrivare. Penso a Emmanuele Esposito, un ragazzo che era con me nel settore giovanile del Napoli, fortissimo, lo giuro, un giocatore di una qualità pazzesca, non ho mai visto nessuno con la sua tecnica.
Spostava la palla in un centimetro. La controllava con i piedi come si farebbe con le mani. Adesso gioca con l’AZ Picerno, in Lega Pro. Poteva fare una grande carriera. Sai quanti ce ne sono di ragazzi napoletani che non hanno avuto la mia fortuna?”
Percorso che però non è stato affatto privo di problemi per Insigne, che ricorda un dettaglio di quando era nelle giovanili.
“Il più grande è stato l’altezza. La mia scuola calcio era affiliata al Torino, mi fecero firmare una carta che a 14-15 anni sarei andato da loro per un provino. Partii, feci due-tre allenamenti, giocai una partita e mi dissero: sì, bravo, ma onestamente ci aspettavamo che crescessi. Mi mandarono a casa, e la stessa cosa successe all’Inter. L’unico che ha creduto in me è stato Peppe Santoro, al settore giovanile del Napoli.”
Un capitano è sempre un capitano, ma Insigne ha dovuto spesso lottare più del dovuto per far comprendere ai tifosi quanto la fascia rappresentasse per lui e quanto ha voluto onorarla.
“La gente si è sempre aspettata tanto da me. Ho cercato di ricambiare. Ho avuto degli screzi qualche volta coi tifosi e mi dispiace. Un capitano è un garante per le persone che amano la squadra, io credo di aver sempre assicurato che il Napoli non venisse meno all’impegno in campo. Come dicono i tifosi in curva: al di là del risultato.
Vuoi sapere che cosa Napoli non ha capito di me? Ho un carattere particolare. So scherzare con tutti, ma all’inizio tengo le distanze. Per alcuni tifosi è superbia, sembra che me la voglia tirare. È solo un atteggiamento di difesa. Qualcuno non mi ha mai compreso al 100 per cento. Chi mi conosce davvero, sa come sono fatto”.