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Inter, cosa va e cosa non va dopo il pari beffa con il Genoa

Dalla condizione dei giocatori alla fase difensiva, l’analisi del primo esordio non vincente dal 2018. Ma Inzaghi ha avuto anche alcune indicazioni positive

GENOVA – Le attenuanti generiche le conosciamo: il ritorno dei giocatori dagli impegni con le nazionali, la qualità dell’avversario, persino la cabala, visto che a Marassi l’Inter di Inzaghi non ha mai vinto, in cinque partite contro Genoa e Samp. Ma è evidente che i nerazzurri campioni d’Italia nel pareggio per 2-2 col Genoa ci hanno messo del loro per farsi male. “L’anno scorso per farci gol gli avversari dovevano faticare molto, oggi ne abbiamo regalati due. E in Serie A, regalando i gol, le partite non le vinci”, ha sintetizzato brutalmente l’allenatore, puntando il dito contro quello che non ha funzionato: la fase difensiva.

Per cinque anni solo vittorie

Nelle ultime cinque stagioni l’Inter aveva sempre vinto nella gara d’esordio del campionato. L’ultimo passo falso risale al 2018 quando, con Spalletti in panchina, perse 1-0 contro il Sassuolo di De Zerbi. La stagione, non esaltante, finì con un quarto posto agguantato all’ultimo e con l’esonero dell’attuale ct, rimpiazzato in panchina con Conte. Questa Inter è molto più forte di quella di allora, il pari dello stadio Ferraris non è una sconfitta e già sabato a San Siro i nerazzurri avranno l’occasione per rifarsi. Però nella spedizione giunta in aereo a Genova (scelta singolare, viste le distanze) nessuno sottovaluta la portata della mancata vittoria.

Lo stato di forma

Il primo elemento su cui ragionare è lo stato di forma. La quasi totalità dei giocatori dell’Inter fra giugno e luglio è stata impegnata con le nazionali, fra Europeo e Copa America. Alcuni giocatori come Lautaro e Thuram, ieri strepitoso, hanno anticipato volontariamente il rientro alla Pinetina, ma la forma in generale è rivedibile. Sommer, che a Marassi è abbonato alle papere, è parso lento e fuori tara. Darmian ha sbagliato cose semplici, e non è da lui. Dimarco ha dato l’impressione di avere lasciato in vacanza il suo micidiale sinistro. E lo stesso Lautaro, che pure ha giocato un’utile partita di fatica, è parso appesantito. Quando alla vigilia Inzaghi parlava di un capitano in “discrete condizioni” evidentemente esagerava.

Difesa da rivedere

In generale, nell’Inter è stata tutta la fase difensiva a non girare. Sul primo gol, oltre a Sommer che indietreggiando ha permesso alla palla di stamparsi sulla traversa, l’intero pacchetto dei difensori è parso sorpreso e vulnerabile. Acerbi e Bisseck, anziché contenere il bomber per caso Vogliacco, sono rimasti fermi in area a guardarsi, come dire: quello è tuo. E lo stesso Bisseck, con un mani inutile e ingenuo in pieno recupero, ha regalato al Genoa la possibilità del pareggio dal dischetto. Ma sarebbe sbagliato dare tutta la colpa al reparto arretrato. Se il Genoa con appena il 32 per cento del possesso palla è arrivato a fare 7 tiri in porta, uno meno dell’Inter, è perché è mancato il filtro, a centrocampo e sulle fasce. Persino il pressatore folle Lautaro, che a inizio carriera giocava come stopper (e si vede), nel finale faticava ad aggredire i primi portatori di palla. E sulle corsie laterali, Dimarco e Darmian quasi mai sono riusciti ad arginare Martin e Zanoli.

Thuram, Barella e il piano B

Nella scorsa stagione, due gol l’Inter li aveva presi alla sesta giornata, non in una partita soltanto. Fa bene quindi Inzaghi ad allarmarsi. Al tempo stesso, oltre a un punto che potrebbe rivelarsi prezioso alla conta finale, la gara di Genova lascia all’Inter anche tre buone notizie. La prima: Thuram è on fire. Il francese ha segnato due gol, uno più bello dell’altro. La seconda: Barella c’è. Nei momenti di stanca, il sardo si è caricato sulle spalle la squadra, servendo un assist e recuperando un milione di palloni. La terza: il piano B funziona. Il secondo gol interista, quello del momentaneo vantaggio, è arrivato dopo che Inzaghi ha sostituito Calhanoglu con Taremi, schierando la squadra in un 3-4-3 ultra offensivo. Un’alternativa tattica che, a gara in corso ma (perché no) anche dall’inizio, potrà dare imprevedibilità a una squadra fortissima, che gli avversari nel tempo hanno però imparato a conoscere.

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