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Inter, dimenticare Monaco. Chivu guida la corsa all’oro

Un gioco diverso, nuovi metodi da assimilare. Thuram e Lautaro hanno tagliato le ferie per esserci. Obiettivo minimo gli ottavi

LOS ANGELES – Terapia shock. Cercare di superare il trauma della débacle di Monaco vincendo al Rose Bowl, stadio dove l’Italia perse la finale di Usa ’94. E farlo appena undici giorni dopo il disastro di Norvegia-Italia, in cui i nerazzurri in campo erano quattro, fra titolari e subentrati. La missione dell’Inter al Mondiale per club, più che del percorso di riabilitazione, ha i contorni dell’esorcismo. A guidare i pellegrini nerazzurri, in una delle poche città di mare colonizzate dall’entroterra, è Cristian Chivu. Al quartier generale nerazzurro di Ucla, mecca dello sport universitario, le sue urla in campo si sentono da lontano. “Forte, forte, forte”, chiama il pressing il nuovo allenatore, e batte le mani. Voce del verbo scuotere: agitarsi con forza, per scrollarsi di dosso qualcosa.

La prudenza obbligata di Chivu

A Milano, gli ultrà interisti gli hanno dedicato uno striscione: “Elmetto in testa e interismo. Mister Chivu la nord è con te”, a memoria di quando da giocatore, dopo il trauma cranico, scendeva in campo con il caschetto da rugby. È quello che serve all’Inter adesso. Il primo banco di prova sarà alle 3 di notte di mercoledì, ora italiana, contro i messicani del Monterrey. In formazione, nomi noti: Sergio Ramos, Ocampos, Oliver Torres. Un test vero, per un’Inter che inevitabilmente somiglierà ancora molto a quella di Inzaghi. Chivu sarà prudente nell’introdurre modifiche. Nel 3-5-2 del suo predecessore, le mezzali costruiscono il gioco. Nel suo, si buttano in area, alla Frattesi. Nella visione del piacentino, i centrali di difesa sono attaccanti aggiunti. In quella del rumeno, più ortodossa, proteggono il fortino.

Lautaro Martinez si danna in palestra

Nella corsa all’oro nell’Ovest degli Stati Uniti, l’Inter va in cerca di conforto, dopo una stagione in cui ha seminato tanto e raccolto nulla. Un buon segnale: il capitano Lautaro Martinez, che guadagna quattro volte rispetto al suo allenatore, è arrivato a Los Angeles in anticipo, e si danna nel lavoro in palestra. Anche il coinquilino d’area Thuram ha azzerato il riposo per esserci subito. E mentre Taremi è bloccato in Iran per la chiusura di cieli e aeroporti, Chivu potrà lavorare con i suoi compagni, compresi il giovane Luis Henrique e l’altro nuovo arrivato, Sucic, che ha sorpreso per tecnica e grinta.

Venerdì in California sono arrivati Marotta e Ausilio. Sabato, il vice allenatore Kolarov. Ultimi rientrati, gli azzurri: Dimarco, Frattesi, Bastoni e Barella. Poi ci sono gli infortunati: Çalhanoglu è in dubbio per mercoledì, Pio Esposito punta a rientrare contro il River Plate a Seattle. Per Bisseck ci vorranno un paio di settimane. Si perderà la sfida contro i millonarios, guidati dalla stella Mastantuono, e prima quella con i giapponesi dell’Urawa, vaso di coccio in un girone d’acciaio. Ma l’Inter non ha scuse: per una squadra arrivata in finale di Champions la qualificazione agli ottavi è un dovere. Il club nerazzurro, per prudenza, non ha messo a budget premi sportivi, oltre ai 24 milioni garantiti dalla partecipazione al torneo. Ma i 37 della vittoria darebbero un’ulteriore spinta al mercato, in una stagione florida per i conti: i nerazzurri chiuderanno l’esercizio con oltre 500 milioni di fatturato. Una consolazione più per Oaktree, fondo proprietario del club, che per i tifosi.

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