A 88 anni è morto Luisito Suarez, uno dei simboli della Grande Inter di Angelo Moratti degli anni '60. Pedina insostituibile di Helenio Herrera, ha vestito la maglia nerazzurra dal 1961 al 1970, disputando 333 partite e segnando 55 gol. Vinse 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali.
Nato in Spagna, a La Coruna, il 2 maggio del 1935, nel 1964 con la Nazionale iberica vinse i Campionati europei. Arrivò in nerazzurro dal Barcellona (176 presenze e 80 gol con i blaugrana), fresco di Pallone d'oro conquistato nel 1960. Terminata la carriera da calciatore con la maglia della Sampdoria nel 1973, iniziò quella di allenatore sedendosi anche sulla panchina dell'Inter e della Spagna. È stato successivamente opinionista televisivo.
L'Inter strappò Suarez al Barcellona offrendo una cifra record, 300 milioni. Con quei soldi, la squadra catalana ampliò lo stadio. Con la maglia azulgrana aveva giocato prevalentemente nel ruolo di centrocampista incursore, portando in bacheca 2 Liga, 2 Coppe di Spagna e 2 Coppe delle Fiere. Nel secondo anno all'Inter, il Mago Helenio Herrera lo trasformò in regista davanti alla difesa. Venne soprannominato 'l'architetto' per la sua eleganza e la sua precisione. Aveva grande tecnica, ottima mobilità e riusciva a pescare con lanci millimetrici da quaranta-cinquanta metri i compagni, specialmente Jair e Sandro Mazzola.
Da allenatore, ha ottenuto una sola gioia, nel 1986, quando vinse ai rigori l'Europeo Under 21 proprio contro l'Italia. Ai Mondiali del 1990, la sua Spagna è stata invece eliminata agli ottavi di finale. Sulla panchina dell'Inter ha avuto più di un'esperienza: la prima nel 1974-75, dove la squadra terminò solo al nono posto. Poi nel 1992 e nel 1995, non esperienze indimenticabili. Massimo Moratti lo inserì comunque nello staff, tra gli osservatori di fiducia. Consigliò al presidente, tra gli altri, Zamorano e Recoba.
