Il Classico da noi si dice derby d’Italia, e a dispetto della spiegazione originaria sugli unici club sempre iscritti alla Serie A, non più valida, Inter-Juventus continua a meritare il titolo nobiliare per il numero degli scudetti in campo, addirittura 18 degli ultimi 22 assegnati. Colpisce che a contenderglielo sia soprattutto Antonio Conte, che di quei 18 ne ha firmati quattro utilizzando entrambe le sponde, a riprova di una mentalità vincente che il Napoli sta assimilando. Ma Inter-Juve di domani, per quanto un po’ frustrata da eccessive assenze, sarà anche confronto tra un’Inter nella pienezza del proprio sviluppo e una Juve ancora in forma di crisalide, promettente ma fragile. Gli scontri diretti sono lenti d’ingrandimento, l’effetto dei loro risultati — non soltanto numerici — consente di discernere problemi (sempre) e soluzioni (non sempre). Le partite “classiche” aumentano ulteriormente l’adrenalina perché la rivalità accende l’irrazionale, e se riesci a surfarla ti senti un padreterno. Succede in tutte le lingue del mondo, e segnatamente in questo fine settimana: si vede che i computer che stilano i calendari si spiano l’un l’altro.
In Francia la notizia del momento è la fotografia di Adrien Rabiot incollata su un bersaglio per freccette nei corridoi del Parco dei Principi, segno che al Psg, il club in cui è cresciuto — lo chiamavano il Duca per l’eleganza del tratto — la scelta di Marsiglia non è stata granché apprezzata. Domenica sera il Paris affronta la trasferta più delicata dell’anno, quella del Vélodrome. Il Marsiglia di De Zerbi funziona, ha appena costretto il Montpellier a cambiare allenatore sull’onda di un 5-0 a domicilio, se domani vincesse il Classique aggancerebbe Parigi, e nella Francia calcistica questo è da sempre il discorso dei discorsi. Dominante a cavallo del 1990, quando il proprietario era Bernard Tapie, il Marsiglia ha poi osservato da lontano i 10 titoli in 13 anni dell’odiata Parigi, finanziariamente trasformata dal Qatar. La passione del Vélodrome si è riaccesa a tratti per lo scudetto di Deschamps e il breve ma intenso passaggio di Marcelo Bielsa. L’eterna sfida è stata rilanciata: Parigi è sempre Parigi, ma Marsiglia è la Francia.
Dinamo Kiev-Shakhtar Donetsk, ecco l’Ucraina
Il fischio d’inizio del Classique seguirà di un paio d’ore quello di chiusura allo stadio Lobanovskyi di Kiev. Dei 32 campionati portati a termine in Ucraina, 16 sono stati vinti dalla Dinamo e 15 dallo Shakhtar, che ormai si fatica ad accoppiare con Donetsk visto che non ci gioca da dieci anni. Domani il calendario prevede lo svolgimento della gara-clou, e parlare di previsione è necessario perché a Kiev le gare vengono spesso interrotte per motivi tristemente intuibili. Un tempo questo match rappresentava il confronto fra l’anima schiettamente ucraina del Paese, la Dinamo, e la parte russofona che tifava Shakhtar: da quando è scoppiata la guerra questa differenza ha cessato di esistere.
Real-Barça e il discorso di Piqué
Come si evince dal caso ucraino, le grandi rivalità diventano tali perché spesso c’è in ballo qualcosa di più del traguardo sportivo. Oltre a rappresentare valori tecnici ineguagliabili, il Clásico di sabato sera Real-Barcellona al solito richiama le ambizioni irredentiste dei catalani, e negli ultimi anni — con i moti di Puigdemont — l’antico desiderio freddo si è fatto bollente. Il Barcellona ha sempre camminato un passo indietro il sentimento popolare, consapevole di poter accendere gli animi come nemmeno il più sanguigno dei discorsi politici. Non a caso lo scrittore Montalbán chiamava il Barça “l’esercito disarmato della Catalogna”. La nazionale del ciclo 2008-2012 comincia a disgregarsi quando Piqué, negli spogliatoi del Bernabeu, si rivolge così agli avversari in prossimità della finale di Copa del Rey: “Spagnoli, mercoledì veniamo a vincere la coppa del vostro re!”, e scoppia il parapiglia che ha in Ramos il paladino della Real casa. Da quella volta smisero praticamente di parlarsi, e sì che in nazionale continuarono a comporre la coppia centrale di difesa.
Le proprietà americane di Arsenal e Liverpool
In un fine settimana così gravido di grandi sfide, il campionato più ricco non poteva proporre un cartellone senza esclamativi. E siccome le rivalità storiche più belle della Premier erano già andate in scena a settembre (United-Liverpool e Arsenal-Tottenham), si rimedia domani con Arsenal-Liverpool, che se il percorso processuale del City dovesse complicarsi diventerebbe lo scontro al vertice. Se le due proprietà americane sono oggettivamente alleate in chiave anti-City, la rivalità in campo è divampata più volte in questi anni, quando prima il Liverpool di Klopp e poi l’Arsenal di Arteta si sono proposti come alternativa a Guardiola.
Per Stella Rossa-Partizan servono cerotti
Mercoledì 30 in Eredivisie si recupera Feyenoord-Ajax, De Klassieker, la gara chiave del campionato olandese rinviata l’1 settembre per uno sciopero della polizia di Rotterdam. E quella è una partita che senza polizia non si può giocare, come dimostrano i disordini degli ultimi anni. Le altre grandi rivalità si sono dipanate sul campo a settembre. La Stella Rossa di Belgrado ha vinto 4-0 nello stadio del Partizan, che peraltro dista 500 metri dal suo: come sempre i giocatori hanno fatto la doccia ognuno nel proprio impianto, il tecnico battuto, che si chiama Alexsandar Stanojevic, si è presentato alla conferenza stampa con un vistoso cerotto sulla fronte, frutto di un’irruzione nello spogliatoio di ultrà furiosi. Il Celtic ha seccamente battuto i Rangers (3-0) nell’Old Firm scozzese, la “vecchia ditta” che produce la partita più antica del mondo. Il Galatasaray, portabandiera della Turchia europea, ha attraversato il ponte sul Bosforo per recarsi in Asia, allo stadio del Fenerbahçe: un derby indimenticabile — fidatevi di chi una volta l’ha visto — per le passioni che accende e gli effetti che provoca. Quest’anno l’ha vinto 3-1 il Galatasaray, che non pago ha dato del piagnone a Mou sui suoi canali social. Aspettiamo con i popcorn la puntata successiva.