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Inter-Juve, fuori i secondi: a San Siro si elegge la rivale del Napoli

Snodo fondamentale della stagione delle due inseguitrici di Conte

TORINO – In campo ci sono due fratelli, uno di qua e uno di là, in panchina un ex senza scie avvelenate, in tribuna un dirigente a cui entrambi i club dovranno rendere grazie in eterno e insomma questo Inter-Juventus non somiglia alle faide da Far West che incendiavano gli animi per settimane. Sarà che gli elementi di contatto (i Thuram, Thiago Motta, Marotta) non generano frizioni o che da un paio d’anni le due squadre vivono — bisogna ammetterlo — in due dimensioni diverse, anche se fino all’ultimo confronto diretto di febbraio i bianconeri erano lì a tallonare i nerazzurri, senza però la convinzione di poterlo fare fino in fondo: difatti persero a San Siro e si sfarinarono mentre l’Inter s’involava leggera verso il titolo.

Il passato nerazzurro di Thiago Motta

È la premessa per cui Thiago Motta si sente soltanto un disturbatore, in questo momento: “Non è la mia opinione, ma un dato oggettivo: le favorite sono Inter e Napoli”. In molti contesteranno questa affermazione e l’oggettività su cui la si basa, Inzaghi per esempio lo fa: “Hanno speso moltissimo per colmare il gap”. Ma la forza dell’Inter affonda nel passato prossimo, l’era inzaghiana (una finale di Champions, uno scudetto e cinque coppe assortite, ed è radicatissima nel presente), quella della Juve è invece un investimento sul futuro, nella visione della società. Ecco un dato oggettivo: una, quella nerazzurra, è la squadra più esperta della A (più di 30 anni di media) l’altra la seconda più giovane dopo il Parma (meno di 25). Se a livello di monte ingaggi le differenze sono ancora contenute — ma da quest’anno c’è stato il sorpasso interista dopo anni di inarrivabili stipendioni bianconeri — oggi l’Inter è una squadra abituata ai trofei, anche con l’allenatore, mentre la Juve sta imparando a diventarlo, anche con l’allenatore, straordinario vincente quando era un raffinato centrocampista ma in apprendistato da quando il gioco lo guida dalla panchina.

Da calciatore Thiago Motta ha vinto il triplete del 2010, ma questa sorta di tatuaggio indelebile non ha minimamente infastidito il suo passaggio indiretto alla Juve. Per portare Conte, l’Inter dovette far finta che il suo passato non esistesse, e comunque gli juventini non gli hanno perdonato il tradimento. Se l’anno scorso fosse arrivato Lukaku, la Torino a strisce sarebbe stata in tumulto. A Cuadrado, per farsi accettare dagli interisti, toccò fare abiura di fronte agli ultrà nerazzurri. Fortunatamente Motta non è stato sottoposto a nulla di tutto questo: “Ho giocato con Inter, Barcellona, Genoa, Atletico, Psg e ovunque ho cercato di fare le cose giuste, senza niente da nascondere. Forse è per questo che vengo sempre accolto bene”.

Le formazioni

Ovviamente, sia Inzaghi sia Motta sostengono che questa partita valga tre comunissimi punti e nulla più, ma si sa che non è così. Entrambi hanno i loro bei problemi: uno deve scegliere il rimpiazzo di Çalhanoglu fra tre soluzioni (Zielinski, Asllani oppure Barella con Frattesi mezzala), l’altro non ha 140 milioni di rinforzi estivi (Koopmeiners, Douglas Luiz, Nico Gonzalez) e dovrebbe escludere Yildiz per piazzare Weah e Conceiçao sulle fasce. Il turco potrebbe casomai giocare dietro a Vlahovic, posizione in cui è però molto forte la candidatura di un altro under 20, Adzic.

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