Dopo una settimana in cui si è discusso molto e con un certo sarcasmo della scarsa intensità del nostro calcio, Inter e Juventus si sono battute come pugili a guardia abbassata — vediamo chi ne ha di più, e pazienza per gli schiaffoni — producendo una quantità (e qualità) di palle-gol che normalmente si contano negli scontri diretti di un intero girone. Gli inguaribili italianisti oggi stigmatizzano gli svarioni difensivi dei giocatori, vedi i due goffi rigori concessi dalla Juve, o anche di Inzaghi, perché la sostituzione dell’ammonito Pavard ha fatto saltare in aria il settore destro di difesa, infine scoperchiato dalla classe di Yildiz.
A noi, spiriti più semplici, preme esercitare un minimo di coerenza: se ci commuove lo 0-4 del Barcellona al Bernabeu e ci entusiasma il 2-2 di Arsenal-Liverpool, di un derby d’Italia che finisce 4-4 prendiamo tutto, consapevoli che la famosa intensità — e a San Siro ce n’è stata tanta — induce fatalmente all’errore. Se hai cinque secondi per fare una scelta, non la sbagli mai. Se ne hai due, dev’essere giusta al primo colpo. Se ne hai mezzo, devi aver deciso cosa fare del pallone prima ancora di riceverlo. È questa contrazione del tempo che paghiamo spesso in Europa. Moltiplichiamo le gare interpretate come questa, e pagheremo sempre meno. L’eterna disputa sul campionato più o meno allenante è tutta qui.
I bianconeri credono in Thiago Motta
Naturalmente ciò non toglie che l’Inter avesse vinto la partita, segnando quattro gol a una difesa che in campionato ne aveva subito soltanto uno nelle precedenti otto gare. Più del poker di reti realizzate, però, hanno contato le altrettante mancate nel consistente segmento di ripresa in cui la partita era diventata un tiro al bersaglio per Di Gregorio: due spettacolari deviazioni del portiere più un colpo di testa di Lautaro fuori di niente più altre chance mancate ci dicono che il 5-2 è stato a lungo un temporale sul punto di scaricarsi, il che ha probabilmente illuso l’Inter su una resa della Juve. Grave errore di valutazione. Ci sono squadre che non puoi perdonare, perché poi ritornano.
La Juve di Thiago Motta può mancare ancora in diversi fondamentali, ma questo superpotere lo maneggia perché i giocatori credono visibilmente nell’allenatore, e quando questi sul 3-4 sostituisce Vlahovic con Mbangula non lo prendono per pazzo, ma lo seguono fiduciosi e affamati. È la ferocia a fare la differenza, in attesa che i frutti più costosi del mercato, da Koopmeiners in giù, aiutino Motta ad aumentare la qualità del palleggio quando va sotto pressione.
Ci sono stati degli incubi. Thuram lo è stato per Danilo, che deve aver ragionato con amarezza sul tempo che passa. Conceição lo è stato per la sinistra della difesa interista, portata a spasso e infine elusa da dribbling come non se ne vedono più. È stato un incubo Yildiz per tutta l’Inter: ha portato i suoi 19 anni nel cuore della rivale più forte, più esperta, più anziana anche, e le ha fatto vedere una scheggia di futuro che non le sarà piaciuta. Fuori dall’emotività del punteggio e dal piacere puro per lo spettacolo, la partita ha detto che l’Inter è ancora la migliore, ma che le distanze si sono molto ridotte.
Il vantaggio di Conte
Ha detto anche che un allenatore già campione con la Juve (tre volte) e con l’Inter (una) si è goduto il partitone su un divano che galleggiava nell’aria come un tappeto volante. I 4 punti di vantaggio che Conte ha sull’Inter (5 sulla Juve) sono un gruzzolo che il Napoli metterà sul piatto a partire da domani in casa del Milan, primo di una serie di scontri diretti che legittimerà o meno l’attuale primato.
A quota 16, sul treno dell’alta classifica, c’è una batteria di squadre baldanzose che stanno accrescendo la qualità del torneo. Hanno traguardi diversi, fluidi nel senso che da un turno all’altro possono cambiare perché c’è poco obbligo e molta aspirazione. L’Atalanta è restia a dirlo, ma al nono anno di gestione Gasperini si sente matura per la lotta scudetto. La Lazio di Baroni, contando anche l’en plein in Europa, ha spazzato via i dubbi sulla sua adeguatezza, e corre per la Champions. Sedici punti li ha pure l’Udinese, dieci in più rispetto all’anno scorso, e sogna una stagione da Bologna. E anche la Fiorentina, leggera e maramalda sulla pesantezza di una Roma che ha sbagliato tutto ciò che poteva sbagliare. E non parliamo di ieri.