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Italia, con la Croazia dentro o fuori dall’Europeo. Spalletti cambia formazione ma senza esagerare

Sulle scelte del ct pesano l’assenza di Dimarco e la riflessione sulla difesa. Gravina: “Abbiamo preso il migliore in panchina, ma ci serve tempo”

ISERLOHN — Il suo Sturm und Drang, il tormento interiore della terza partita di un grande torneo in cui un ct si gioca il fatidico dentro o fuori, Spalletti lo sta vivendo proprio in Germania. Diciotto anni fa capitò qui anche a Lippi, la cui arrabbiatura, dopo il pari con gli Usa frutto pure dell’espulsione di De Rossi, è diventata leggenda: a cena, al Landhaus Milser di Duisburg, non volava una mosca e quella sera nacque la formazione che avrebbe battuto la Repubblica Ceca e poi vinto il Mondiale, con Gattuso accanto a Pirlo e Grosso terzino sinistro. Oggi i presupposti sono diversi: non solo per la spiazzante sconfitta con la Spagna e perché per qualificarsi agli ottavi dell’Europeo basta un pari con la Croazia o forse perfino una sconfitta di misura, se si incastrano certi risultati. Il presidente della Figc Gabriele Gravina ha crudamente avvisato che non conviene aspettarsi un’Italia capace di rivincere il titolo: «Abbiamo preso il migliore allenatore sul mercato, ma il progetto richiede pazienza e lavoro. Siamo una squadra normale e per diventare speciale non basta la storia».

Italia, i precedenti del dentro o fuori

Autoassoluzioni a parte, parrebbe un assist per Spalletti: il vero orizzonte di questa Nazionale è il Mondiale 2026 e il ct la sta costruendo come in un club. Ma la constatazione degli attuali limiti tecnici, smascherati dalla Spagna, poco sottrae ai tormenti dello stratega. Il quale venerdì, nella mezza giornata libera, per preparare le mosse di lunedì a Lipsia si è chiuso col suo staff nell’hotel Vierjahreszeiten di Iserlohn, in riva al laghetto Seiler meta di nordiche vacanze in camper, mentre una cinquantina di tifosi intonavano cori e invocavano selfie. L’ansia della terza partita l’hanno vissuta quasi tutti i ct: andò bene a Bearzot nel 1982, a Sacchi nel 1994, a Trapattoni nel 2002, a Donadoni nel 2008. Andò male sempre a Sacchi nel 1996, al Trap nel 2004 (l’Europeo del biscotto), a Lippi nel 2010 e Prandelli nel 2014 (in entrambi i casi era il 24 giugno, data da esorcizzare).

La formazione dell’Italia e i dubbi di Spalletti

La Croazia di Modric, Brozovic e Perisic è a fine ciclo e corre piano, ma le ferite inferte dalla Spagna suggeriscono concentrazione e soprattutto di alzare il ritmo, contro avversari superiori per tecnica a velocità ridotta e tuttavia deboli in attacco. Preso atto dell’indisponibilità di Dimarco (contusione al polpaccio), Spalletti coltiva dubbi insinuati da Williams e dalle altre frecce spagnole. Difesa a 4 o a 3? Un po’ di pausa per non affaticare l’indispensabile Barella? E quanti cambi di formazione? Solo se il sistema difensivo venisse modificato, una suggestione è la linea a tre davanti al totem Donnarumma, con Gatti o Mancini o Darmian accanto a Bastoni e Calafiori, con Cristante in mediana al fianco di Jorginho, con Di Lorenzo e Cambiaso esterni, con Chiesa e Pellegrini o Barella sulla trequarti e con Scamacca o Raspadori centravanti: limiterebbe a tre o quattro giocatori il turnover (fuori Dimarco, Frattesi, eventualmente Barella o Scamacca). Ma anche Raspadori trequartista e Folorunsho e Retegui alternative — dietro la punta e al centro dell’attacco — sono possibilità concrete. A occhio, lo Sturm und Drang proseguirà fino a lunedì.

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