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Italia fino all’ultimo respiro: la Nazionale del paese che vive al fotofinish

Un’altra qualificazione conquistata sul filo. C’è talento nell’arte italica di rinviare tutto e giocare sul cornicione

All’ultimo respiro, all’ultimo sospiro, all’ultimo tiro. Siamo questi. Vocazione Nazionale non sempre azzurra, a volte anzi fosca. La lezione la ripassiamo nell’intervallo, qualcosa alla prof sapremo raccontare. Il regalo di Natale? Si prende il pomeriggio del 24, magari abbassano pure i prezzi. Il last minute l’abbiamo inventato noi.

Arrivare all’ultimo momento in aeroporto, compilare il 730 nell’ultimo giorno utile, andare dal dentista quando proprio non se ne può più. A volte c’è del talento in tutto questo, è l’italica arte di arrangiarsi e procrastinare, rinviare, attendere. Il match point è sempre l’ultimo punto, però è davvero epico quando la differenza tra vincere o morire è un’inezia: Woody Allen ci ha costruito il suo ultimo film davvero grande.

Il calcio autobiografia di una nazione

Il calcio racconta sempre qualcos’altro e dice chi siamo, vera autobiografia della nazione, non solo della Nazionale. Restando alla modernità e agli Europei, nel ’68 vincemmo il titolo eliminando l’Urss in semifinale con la monetina (i rigori non esistevano), lanciata due volte perché la prima si era incastrata in una fessura del pavimento, poi la doppia finale con la Jugoslavia: 1-1 la prima, 2-0 per noi la seconda.

Come italiani incarniamo l’idea stessa dei tempi supplementari: quelli regolari ci sembrano troppo poco, che banalità. Se Rivera chiude il 4-3 della leggenda messicana contro i tedeschi nel 1970, è perché senza epica ci annoiamo. E quando non bastano i supplementari, ci sono i rigori. Niente più della Nazionale narra una storia che si ripete, con esiti alterni: il tempo elastico mica sempre ci arride. Dal dischetto abbiamo salutato l’Europeo del 2008 e quello del 2016 sprecato dai rigoristi saltellanti Zaza e Pellè contro i tedeschi, tre Mondiali di fila (1990, 1994, 1998). Altro che particolari, caro De Gregori. Ma siccome nessun destino è eterno, ai rigori abbiamo anche eliminato l’Olanda a Euro 2000, cucchiaio di Totti e supremo Toldo. La coppa andò perduta contro i francesi al “golden goal”, sublimazione dell’ultimo istante senza appello, diavoleria per fortuna cassata, non prima però di aver rivissuto per questo un’altra Corea, nel 2002. Sempre su rigore ci siamo presi il Mondiale 2006 contro la famiglia Zidane in finale.

Per non parlare di Euro 2020, però nel 2021 post Covid, con Donnarumma e le sue mani benedette. Nessun Europeo è stato più estremo del penultimo, con l’Italia vittoriosa all’ultimo tiro non solo contro gli inglesi a Wembley, ma anche contro la Spagna in semifinale. E con l’Austria, prima, ai supplementari, dopo un gol annullato ad Arnautovic per una scarpa troppo lunga. Storia vicina che consola. Nel 2012 all’ultimo turno c’era di nuovo di mezzo la Croazia, in un girone quasi identico a questo di oggi: temevamo facesse un biscotto con la Spagna, passammo noi per ritrovare proprio Iniesta e soci in finale, e fu un dolore.

Il Mondiale 2006

Vite al fotofinish, sempre sul cornicione. Anche la leggenda a volte è costretta a passare dalla porta stretta: gli eroi di Spagna ’82 non sono stati soltanto i dominatori di Argentina, Brasile e Germania, ma quelli che superarono il primo turno per la grazia di un gol in più del Camerun (anche la differenza reti era identica, dopo tre miseri pareggi). E se Fabio Grosso nel 2006 non conquista il rigore al 95’ contro l’Australia agli ottavi, segnato poi da Totti, altro che cielo sopra Berlino. Quello sì fu il Mondiale dell’ultimo respiro, compresa la vittoria in casa dei tedeschi all’ultimo minuto dei supplementari, perché abbiamo visto come il tempo normale sia, per noi, una scarpa troppo stretta.

Non siamo mai stati un popolo adatto ai deboli di cuore, la vita ci piace prenderla per la coda, come bambini alle giostre. Vincere un altro giro è il desiderio più grande, mettere il naso sul traguardo con un colpo di reni è il delirio massimo (Bitossi…Bitossi…Bitossi…Basso!). Si gode molto così, e molto si soffre. Perché l’ultimo istante può contenere la più bruciante delle fregature: come quando danesi e svedesi si misero d’accordo per farci fuori, pareggiando 2-2, guarda caso proprio il risultato che serviva. Ed era un Europeo. Ed erano giusto vent’anni fa. Ed era l’ultima partita del primo turno. Ed era un anno che finiva per 4. Avete ferro da toccare? Altro?

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