"Non è stata una estate semplice, per un sognatore come me è stato difficile rinunciare all'idea Parigi 2024" esordisce Paolo Nicolato a 'Il Corriere della Sera', raccontando l'addio alla FIGC dopo un settennato "La delusione è stata forte, arrivavamo alla fase finale da imbattuti; non andiamo ai Giochi dal 2008 e non è un caso, potevamo fare meglio, nel momento difficile ci è mancato quel vissuto in comune che rafforza una squadra. Spiace non aver fatto comprendere l'importanza di preparare il torneo da lontano, c'era il tempo necessario. Dovevamo gestire meglio l'ultimo anno, ma siamo stati coinvolti dalla gestione della Prima Squadra e da un ricambio che non ci ha favoriti".
Senza giri di parole ammette qualche incomprensione con l'ex CT Mancini, in procinto di esordire con l'Arabia Saudita: "Non ero sulla stessa linea di Roberto, ma privilegio la coerenza; non ci sono stati contrasti, ma occorreva un allenatore che condividesse in toto la gestione che si prospettava. Per me si va in Nazionale Maggiore con troppa facilità, è un messaggio pericoloso, quando un ragazzo sale tra i grandi e ritorna in Under, ha obiettivi che sono cambiati. La convocazione deriva da un merito, non dall'età: U20 e U21 non sono la Primavera A, le competizioni pesano e non hai molto tempo per lavorare. Non sono convinto serva adottare un solo modulo di gioco, le annate sono una diversa dall'altra e l'allenatore deve tirare fuori dai calciatori il lmeglio; è illogico legarsi agli schemi. Spiace che il progetto Mancini sia naufragato".
Gli Azzurri sono competitivi sino all'U20, poi le difficoltà appaiono esponenziali: "Le Giovanili non vincono poi perché il livello delle avversarie è sempre più alto, quanto a esperienza e ritmo siamo rimasti indietro; in Italia a vincere è la critica, un ragazzo fa fatica ad emergere e a sbagliare. Se mancano i grandissimi prospetti, ma ci sono giocatori bravi, serve dare loro tempo: magari Kean e Scamacca sono più forti di quel che pensiamo".