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Javier Zanetti: “Io, interista a vita. Lukaku ha deluso come uomo”

Pupi a tutto campo alla Gazzetta dello Sport: “Oggi cerco di essere utile all’Inter perché le cose funzionino: sono una risorsa”

Javier Zanetti interista nel profondo. Prima capitano, poi dirigente. Da 28 anni in Italia, a 50 ha deciso di rilasciare una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport: “Di questi 50 anni, 28 li ho passati in Italia, nell’Inter, e questo è un privilegio. Sono un padre e un professionista felice, anche per la riconoscenza della gente. Non parlo del tifoso interista, ma anche di quello avversario”. Oggi il suo lavoro si svolge principalmente dietro le quinte: “Una fase in cui lavoro ancora in squadra e per la squadra, come sempre. Chi pensa “che sta facendo Zanetti?”, sappia che sono dietro le quinte. Cerco di essere utile perché le cose funzionino. Sono una risorsa: il corporate, il mister, la parte sportiva: tutti sanno che ci sono quando serve. Anche per i progetti sociali nel mio ruolo in Uefa e Fifa, sempre pensando alla crescita del club. E provo a migliorarmi: per continuare una carriera bisogna prepararsi, imparare. In un certo senso allenarsi e… faticare”.

Tanti progetti futuri: “Mi sono iscritto al corso di “Management and Entrepreneurship” della Bocconi: a marzo o a aprile completerò per avere una visione del calcio a 360°. La fatica e il sacrificio non sono un vezzo per farsi bello, ma un bisogno per stare bene”.

Si torna a parlare di Inter, della finale persa a Istanbul contro il Manchester City: “Mi aspettavo una finale così, giocata alla pari e con coraggio. Le occasioni sfruttate e un po’ di fortuna, ecco cosa è mancato, ma siamo fieri di noi”. Simone Inzaghi: “La sua caratteristica principale è la tranquillità, la serenità nei momenti difficili. La forza di non dubitare del lavoro, di insistere: questa calma che hanno i forti l’aveva Gigi Simoni”.

Un argentino è il nuovo capitano nerazzurro: “Ha fatto i passi giusti, con umiltà: sono felice per il cammino di Lautaro. Deve confermare la leadership con ancora più responsabilità, ma ha senso d’appartenenza e sa dare l’esempio. Questo fa un capitano, far parlare i fatti davanti ai compagni”. Con lui, fino a pochi mesi fa, c'era Romelu Lukaku: “Per ciò che l’Inter ha fatto per lui ci aspettavamo un altro tipo di comportamento. Come professionista e uomo. Lui ha diritto di andare dove vuole, ci mancherebbe, bastava solo dirlo per tempo. Nessuno, però, è più grande del club e nel costruire una squadra devi sempre considerare chi metti in spogliatoio”.

Pupi manda indietro il nastro e ricorda le immagini migliori della sua carriera: “La prima è la mia presentazione nel 1995 assieme a Rambert, che era molto più atteso di me. Venivo da un altro mondo, davanti a me giganti come Mazzola, Corso, Suarez, Facchetti. Lì ho detto: “Da qui mi devono spostare con i carrarmati…”. Poi le lacrime, come per le semifinali del 2003. Se riesci a rialzarti da momenti così, poi lo farai mille volte fino alla vittoria. E per questo metto Madrid, la Champions tra le mani. Un’altra foto è la partita di addio nel 2014 contro la Lazio, San Siro pieno per me. E, per chiudere, i miei tre figli, la famiglia che mi ha completato”.

Escludendo Messi e Ronaldo il Fenomeno, Zanetti sceglie il migliore con cui ha giocato: “Loro stanno in un’altra categoria, allora dico Zidane: era unico, ti nascondeva la palla, con l’intelligenza, la classe, il fisico”. Varie ed eventuali: “Recoba non ha espresso la sua grandezza. Pirlo è stato grande altrove, ma solo perché non era qui nel momento giusto. Maicon, uno spasso incredibile, e Taribo West che una volta sparì. Era in Nigeria a sposarsi e dopo le nozze doveva passare un po’ di tempo a casa”.

'Pazza' Inter: fosse stata meno pazza, forse Zanetti avrebbe potuto vincere di più: “Non sarebbe stata l’Inter, così romantica e unica: non ho mai pensato a questo tratto come negativo, anzi ci rende diversi, capaci di tutto. Non abbiamo limiti in questa pazzia. Chi passa da qua ripensa sempre con gioia all’Inter, magari vuole tornare… Possono cambiare le gestioni, ma non dobbiamo perdere l’identità: per questo mi batto. L'Inter ti dà un senso di famiglia, che ho respirato dal primo giorno. Una famiglia resiliente nelle difficoltà, che si rialza insieme”. E la famiglia vera di Zanetti? “I miei figli erano vestiti di azzurro dopo Italia-Svezia nel 2017: piangevano per il Mondiale perso. A Doha, invece, erano tutti albiceleste: piangevano al pari della Francia, e poi abbiamo pianto insieme di gioia. Questa doppia identità è bellissima”.

A Doha, dove l'Argentina ha rivinto dopo tanto tempo il Mondiale: “Nessuna invidia o rimpianto. Io ho fatto 145 gare in nazionale, un record, e ho dato tutto. Ma eravamo una cosa sola: l’ho capito abbracciando Messi”. L'Inter sarà anche la seconda parte della vita di Javier: “Mi vedo attivo, sempre pronto a dare tutto per l’Inter. Perché per me l’Inter ci sarà sempre. Anche se non dovessi avere un ruolo o stare fuori dal club, non posso togliermi questi colori”.

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