TORINO – A Lipsia, quest’estate, Fagioli scambiò la maglia con Modric, il suo idolo: “Vorrei saper stare in campo come lui”. Mercoledì gli è riuscito qualcosa di più importante ancora, cioè giocare la partita più bella della sua vita: “Sì, probabilmente sì. Ma è solo l’inizio, dopo un periodo veramente difficile solo per colpa mia”. Rivangare gli otto mesi passati a scontare punizioni, redimersi, capirsi e disintossicarsi non ha più molto senso: è un’esperienza alle spalle ed è giusto che soltanto lui se ne tenga dentro effetti e conseguenze. Il Fagioli di Lipsia (ma anche di Marassi, quattro giorni prima) deriva invece da quello che a settembre era finito in panchina per tre volte di fila, come se fosse scivolato indietro nelle gerarchie del centrocampo. Non era così. O meglio, non era quello che voleva Thiago Motta, che in quel periodo ha preso da parte il ragazzo e gli ha spiegato di volerlo protagonista, non solo comprimario. Aveva avuto la sensazione, l’allenatore, che Fagioli s’accontentasse di far parte della Juventus (dopo quel che aveva passato, poi), senza avere il coraggio di volerne diventare un pilastro tecnico. Nicolò ha reagito, si è fatto scegliere come regista e a Lipsia, l’altra sera, in certi momenti è sembrato davvero di vedere Modric, i suoi passaggi giusti, i suoi dribbling secchi (quanti pochi registi che dribblano ci sono, al mondo), le sue idee così naturali da sembrare banali e invece spesso sono arditissime.
Motta: “Voglio gente che rompe le scatole se non gioca”
Quando è tornato alla Juve dopo l’esperienza alla Cremonese, due anni fa, a Fagioli veniva spesso addebitato un difetto: la presunzione. Se la tira, sussurravano. Si crede un fenomeno, bisbigliavano. Pochi immaginavano che lo snobismo si mescolasse alle tentazioni del vizio, e che del vizio stesse diventando prigioniero. Due anni più tardi, scontata la squalifica e ripulito il suo mondo interiore, Fagioli ha rischiato di farsi fin troppo umile, e Motta di giocatori troppo umili non ne vuole. Quest’estate, per dire, hanno cercato di convincerlo a tenere in rosa elementi rodati e affidabilissimi, quelli che «quando li chiami sono sempre pronti, ma se non giocano non rompono le scatole”. Rugani e De Sciglio, per esempio. Ma l’allenatore ha detto no: “Io voglio gente che se non gioca le scatole le rompe eccome», ha fatto sapere alla società. È un concetto illustrato anche ieri, quando gli è stato chiesto chi potesse essere, con Milik e Nico Gonzalez infortunati, il vice Vlahovic: “Qui dentro non c’è spazio per i vice e io non voglio il vice di nessuno. Voglio giocatori che vogliano giocare”.
Motta: “Fagioli? Sono sicuro che migliorerà”
Fagioli deve essersi ricordato di com’era prima: non sempre la presunzione è un difetto, specie se non è sovradosata e da due partite ha convinto Motta ad affidargli le chiavi del gioco e a preferire la sua qualità pura all’acume tattico di Locatelli e Thuram, che avevano il compito, nel 4-1-4-1 disegnato con loro, di proteggere la difesa. Fagioli quello non lo può fare, non come gli altri due, e magari non è un caso che per la prima volta la Juve abbia incassato due gol e denunciato qualche momento di disequilibrio, ma in compenso ha raffinato la qualità della manovra. “Vedere Fagioli giocare è un piacere”, diceva nel 2018 Allegri di quel ragazzino che si stava affacciando alla prima squadra. Dell’uomo che oggi invece la guida, Thiago Motta dice questo: “Fagioli può migliorare? Sicuramente. In cosa? In ciò che caratterizza i campioni, la continuità, con tantissime partite e tantissime settimane di lavoro ad alto livello. Sono convinto che lo possa fare, sono convinto che lo farà”.