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Kalidou Koulibaly, l’intervista: “Aiuto il Senegal con il mio Napoli nel cuore”

L’ex difensore azzurro: “Giocare in Arabia mi dà la possibilità di realizzare tanti progetti sociali. All’Al-Hilal con Inzaghi facciamo un salto in avanti”

Il suo futuro professionale a 34 anni lo immagina ancora nel calcio. «Allenatore o direttore sportivo, deciderò più avanti. Nel frattempo sto completando i miei studi a distanza, alla Luiss». Kalidou Koulibaly non ha reciso del tutto il suo cordone ombelicale con l’Italia («Seguo sempre il vostro campionato e ho gioito per lo scudetto del Napoli, la mia squadra del cuore»), ma è molto impegnato soprattutto nel sociale e si sente in missione per il suo Senegal, dove sta investendo in iniziative umanitarie una fetta del principesco stipendio che percepisce in Arabia dall’Al-Hilal. Aveva già finanziato i lavori per il nuovo ospedale pediatrico di Ngano, la città dove vivono i suoi genitori. Adesso con l’aiuto del fratello Amadou ha appena inaugurato a Saly un’accademia per giovanissimi in cui ospita 16 aspiranti calciatori, di età tra i 12 e i 15 anni. «Abbiamo iscritto i ragazzi a scuola, d’accordo con i genitori. Ci prendiamo cura di loro. Diamo alloggio, vestiti, cure mediche e quello di cui hanno bisogno. Vogliamo aiutarli a diventare uomini con la “U” maiuscola, facendoli crescere nell’educazione e nel rispetto, senza dover abbandonare il nostro Paese per realizzare i loro sogni. È un progetto che parte dal pallone e spero di allargare ad altre discipline sportive».

Si è trasferito nella Saudi League anche pensando al suo Paese.

«Giocare in Arabia è stata la scelta giusta, perché ho la possibilità di realizzare un po’ alla volta tutte le idee che avevo in testa. Sapevo che i guadagni da calciatore mi avrebbero aiutato a regalare benessere alla mia famiglia e a restituire qualcosa anche al mio Senegal».

Ha dovuto rinunciare a ribalte più prestigiose, però.

«Mai avuto rimpianti, nella mia carriera. E poi il campionato arabo sta crescendo di livello, mica siamo lì in vacanza. Il mio Al-Hilal nella Coppa del Mondo per club ha dimostrato di essere all’altezza dei top club europei».

Sulla panchina della sua squadra è appena arrivato Simone Inzaghi.

«Un grande allenatore, averlo con noi è una cosa molto positiva, ha giocato due finali di Champions League. Ci sta aiutando con la sua esperienza, ha uno staff di alto livello. Con lui posso parlare nello spogliatoio in italiano. Abbiamo molto rispetto reciproco. Sa bene che tifo per il Napoli e non l’ho consolato per lo scudetto perso».

Osimhen invece in Arabia non è voluto venire…

«Gli ho parlato, non era convinto ed è giusto che abbia fatto una scelta diversa. Aveva altre priorità, in Turchia si è sentito accolto come un re. Gli auguro il meglio».

Il razzismo è ancora una discriminante nelle scelte professionali dei calciatori africani?

«Dall’Arabia ho un polso più debole della situazione, ma ho l’impressione che gli episodi di razzismo nel calcio stiano diminuendo un po’. Speriamo di aver imboccato la strada giusta».

Koulibaly è sempre stato in prima fila in questa battaglia, anche in Italia.

«Guardiamo avanti, è una malattia che deve scomparire».

Ha detto di non avere rimpianti professionali: nemmeno per i due scudetti vinti dal Napoli dopo il suo addio?

«Macché, sono stato felicissimo, il Napoli è nel mio cuore e spero che conquisti anche il prossimo scudetto. Ho visto la partita con il Cagliari e il gol di Anguissa. Gli azzurri con Conte hanno una mentalità ancora più vincente e potranno giocarsi le loro carte pure in Champions League, visto che adesso c’è anche De Bruyne».

Tanti campioni avanti con gli anni stanno scegliendo la serie A per concludere la carriera: De Bruyne, Modric, anche il suo ex compagno Albiol. E Koulibaly?

«Io mi divido tra Arabia e Senegal. Devo restituire al mio Paese una parte della fortuna che mi ha regalato il calcio».

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