TORINO — Kolo Muani costa due milioni al mese di affitto, ma è un lusso che funziona: in due partite neanche intere ha già segnato tre gol, scalzato il centravanti titolare e lasciato ampiamente intuire che il numero 9 del futuro magari non sarà lui, che è qui soltanto in prestito e senza nessun diritto di riscatto, ma di sicuro non sarà Vlahovic.
La doppietta che ha ribaltato l’Empoli e l’umore di uno stadio che era sul punto di precipitare addosso a Motta e ai suoi giocatori ha un valore molto alto, perché ha strappato la Juve dalle sabbie mobili nelle quali più si agitava e più affondava, senza davvero avere un’idea di come uscirne. Serviva uno come lui, uno con la testa sgombra da tutti i tarli che rodono i suoi nuovi compagni (l’allenatore no, lui dice di essere sereno e preparato a tutto) e che non ha fatto ancora in tempo a contagiarsi di cattivi pensieri, o anche solo a capirli. Ha segnato un gol di prepotenza, sballottando Goglichidze che era rimasto in panchina perché distratto dal mercato (lo voleva la Juve, finirà alla Roma) e in effetti aveva la testa altrove sulle prime tre reti bianconere, e un altro per caso, passando di lì su un tiro di Weah deviato a sua insaputa, rendendolo letale. Il vice campione del mondo sta cambiando, ma è destinato a cambiarlo ancora più profondamente, il modo di attaccare della Juve al di là delle maniere in cui segna, perché spazia molto, è votato al sacrificio, ha un impatto fisico snervante sui difensori avversari e sa occupare l’intero fronte dell’attacco. A Thiago Motta hanno chiesto se si aspettasse così tanto da Kolo Muani: “Mi aspetto ancora di più”, ha risposto.
A un certo punto (era appena arrivato il 2-1, ma il cambio era già stato impostato), l’allenatore ha messo Vlahovic e Kolo Muani insieme anche se non in coppia, perché il serbo ha fatto il centravanti e il francese l’ala sinistra al posto di Yildiz: è la conferma che i due possono coesistere, anche se adesso là davanti ci sono ben sette giocatori per tre posti (però Weah sta diventando terzino, chissà) e le gerarchie sono instabili. Ma Kolo Muani è ormai un punto di riferimento e lui lo sa (“Sono molto felice, è bellissimo essere qui”) e Vlahovic è un prodotto da maneggiare con cura affinché non produca scintille.
Ieri Dusan ha vissuto una mezz’oretta strana: Thiago Motta l’ha coccolato prima di entrare sussurrandogli all’orecchio “fai gol sicuro”, lui è entrato in campo con un tal carico di rabbia che sembrava livore, però ha saputo tenere i nervi a posto e ha trattato Kolo Muani da buon compagno e non da rivale, anche se quando c’è stato da schiaffare la palla in porta non ha guardato in faccia nessuno, se non la porta stessa. Non ha esultato, ha tenuto il muso lungo anche quando è stato travolto dagli abbracci e infine ha dialogato a gesti con la gente, mimando di offrirle il cuore e di dirigerla come un’orchestra, come usa fare Djokovic. È sembrata una cosa tra lui e loro, come se la Juve non c’entrasse più, anche se nei mesi che restano lui e Kolo Muani possono fare delle cose assieme, e Motta trarne beneficio.