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La bellezza del Clasico e un Barcellona tornato grande con i sui ‘bimbi’

La sfida del Bernabeu ha regalato spettacolo e confermato il grande momento della squadra di Flick. Da Cubarsì a Casadò fino a Yamal (vittima di insulti razzisti), un successo ‘made in la Masia’

Un Clásico dal sapore dell’amarcord, quello disputato ieri sera al Santiago Bernabéu e vinto 4-0 dal Barcellona. Come se fossimo tornati indietro nel tempo, alle battaglie vinte e perse dalle squadre di Pep Guardiola e José Mourinho. C’è stato un po’ di tutto: sorprese tattiche, provocazioni in campo tra i calciatori, scontri verbali e quasi fisici tra le due panchine e gol. Quelli andati a referto, tutti del Barcellona, mentre il Real Madrid si è scontrato due volte con la sicurezza scientifica del Var – che ai tempi di Pep e Mou non esisteva – che ha frustrato, in entrambi i casi per fuorigioco, la gioia di Kylian Mbappé. E c’è di più, proprio come succedeva ai tempi delle sfide tra Lionel Messi e Cristiano Ronaldo, ieri il Clásico ha fatto vedere a tutti di poter essere di nuovo la partita più bella e spettacolare del pianeta.

Flick batte Ancelotti

Sfortunatamente per Carlo Ancelotti, ad avere la meglio, su tutti i fronti, è stato il collega tedesco. E del resto, pochi giorni fa, dopo il poker rifilato al “suo” Bayern Monaco, raccontavamo di quanto sia stata importante l’irruzione di Hansi Flick sulla panchina blaugrana. L’alchimista tedesco è riuscito nell’impresa di umiliare il Real Madrid davanti ai propri tifosi con calciatori che – fatta eccezione per Dani Olmo, entrato al 65′ al posto di Marc Casadó – aveva a sua disposizione anche Xavi Hernández l’anno scorso, quando il tecnico catalano andava in giro dicendo di non avere una rosa sufficientemente buona per competere contro il Real e gli altri top team europei.

Alla base dell’alchimia culé non c’è nessun segreto tramandato di generazione in generazione, bensì la consapevolezza che il calcio, pur cangiante nelle sue sfumature, si fonda su basi abbastanza condivise e note. A cominciare da due questioni elementari: far giocare i calciatori in una posizione in cui si sentono a proprio agio e combinare l’adrenalina dei più giovani alla serotonina dei più esperti.

Il Real in fuorigioco

Alla fine della gara, Casadó ha aggiunto un terzo fattore che, a suo modo di vedere, ha spostato l’inerzia della supersfida dal lato blaugrana. Per dirla con Andrea Camilleri, i ‘cabbasisi’: “È incredibile aver avuto le palle di mantenere una linea difensiva così alta”. E già, il Barça ha letteralmente messo in fuorigioco il Real. Oltre ai due gol annullati a Mbappé, infatti, i blancos sono caduti nella trappola dell’offside altre 10 volte, sei delle quali hanno visto protagonista lo stesso attaccante francese, vicino a una tutt’altro che esaltante doppia cifra.

Cubarsì, un 17enne con la tranquillità di Baresi

E chi c’era a tirare la linea assieme all’esperto Iñigo Martinez? Pau Cubarsì, un minorenne. Uno che a 17 anni gioca con la tranquillità di Franco Baresi nel Milan di Arrigo Sacchi. Da quando è entrato in prima squadra la scorsa stagione, non è ancora stato registrato un suo rinvio senza senso o con l’unico obiettivo di spazzare tanto per spazzare. Fa tutto con criterio e se commette un errore è perché è cosciente che per continuare a migliorare deve continuare a seguire la strada che gli hanno indicato alla Masia e non prendere scorciatoie. Le poche volte che Mbappé è riuscito a beffare la linea del fuorigioco blaugrana ci ha pensato un altro canterano, Iñaki Peña a fermarlo. Wojciech Szcz?sny dovrà aspettare ancora un po’ il suo turno: “Non c’è nessuna ragione per cambiare”, ha ammesso lo stesso portiere polacco.

La rinascita di Lewandowski

Dell’asse portante ‘made in la Masia’ che dai propri pali va verso la porta avversaria – oltre a Peña, Cubarsí e Casadó – fanno parte anche Alejandro Balde e Lamine Yamal (in attesa che Gavi e Dani Olmo tornino al 100% e che Ronald Araujo si lasci alle spalle il proprio infortunio muscolare). Quando Robert Lewandowski dava i primi passi nel mondo del calcio professionistico, molti di loro loro non erano ancora nati: “I bimbi del Barça si prendono il Bernabéu”, il trionfale titolo del quotidiano sportivo catalano, Mundo Deportivo. Ebbene, nell’uno-due con il quale ha steso il gigante blanco in due minuti, il campione polacco si è giovato delle intuizioni di Casadó e Balde. La rinascita di Lewy, dopo una stagione che aveva fatto pensare che avesse imboccato il viale del tramonto senza che ce ne fossimo accorti in tempo per mandarlo in pensione dignitosamente, è davvero pazzesca: 17 gol e due assist in quattordici incontri stagionali. Una media-gol degna dei tempi in cui France Football decise di privarlo di quello che sarebbe stato un meritato Pallone d’Oro.

Yamal di record in record

E che dire, infine, di Lamine Yamal che non sia già stato detto? Praticamente un anno esatto fa, il 28 ottobre 2023, il fenomeno blaugrana diventò il calciatore più giovane a disputare un Clásico, fissando il record a 16 anni e 107 giorni. Ebbene, ieri sera, l’attaccante catalano – vittima dopo il gol di insulti razzisti che sono stati condannati dal Real con un duro comunicato in cui si annuncia che è stata aperta “un’indagine per individuare e identificare gli autori di questi insulti deplorevoli e spregevoli, al fine di adottare le relative misure disciplinari e giudiziarie” – ha stabilito un altro primato di precocità, quello del goleador più imberbe di una delle partite più importanti al mondo (17 anni e 106 giorni).

E la verità è che nella sua folgorante irruzione, di barriere considerate insuperabili ne ha già abbattute più di una mezza dozzina, sia con la camiseta blaugrana che con quella della nazionale spagnola. Quello che più impressiona di lui, però, è la normalità con cui sale anche sui palcoscenici più importanti lasciando, peraltro, sempre la sua firma di protagonista: “Sappiamo che questo club tira fuori sempre ottimi giocatori dalla sua cantera. Non so come, ma succede sempre. Il lavoro della Masía è spettacolare ed è per questo che arriviamo così preparati al debutto nel calcio d’élite”. L’ha detto Casadó, ma per nessun altro vale come per Lamine.

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