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La filosofia senza limiti di Luis Enrique: “Vincere tutto per entrare nella storia”

Al quartier generale del Psg a Los Angeles raccontano che a inizio stagione solo lui avesse compreso la reale forza della squadra: “Non lo avevano capito nemmeno i giocatori”

LOS ANGELES – In Melrose Avenue, strada diventata famosa nel mondo grazie a un telefilm degli anni Novanta, il Paris Saint Germain ha aperto una sede bizzarra, mezzo quartier generale e mezzo negozio di moda. Durerà il tempo del Mondiale per club. Su uno dei divanetti di pelle della PSG House – così l’hanno chiamata – un ragazzo in tuta del PSG, dello staff tecnico del club, racconta: “Che fossimo forti, a inizio stagione, lo sapevamo. Ma così forti no, sinceramente. Secondo me non lo pensavano nemmeno i calciatori. L’unico che ci ha sempre creduto è il signore coi capelli grigi”.

A Lucho il secondo Triplete non basta

Luis Enrique, l’uomo dei due triplete: il primo a Barcellona nel 2015, il secondo a Parigi quest’anno. L’ipertrofia dei calendari del calcio, che ha portato al Mondiale per club, gli consente di fare ancora di più. “Abbiamo la possibilità di fare la storia, vincendo un torneo mai vinto da nessuno. Per noi è una bella sfida. Dobbiamo continuare a competere a questo livello altissimo”, ha detto nella sala conferenze del Rose Bowl, lo stadio dove, con 35 gradi all’ombra, ha battuto per 4-0 l’Atletico di Madrid nella prima gara del torneo. Una vittoria netta, senza appello, che somiglia tanto al 5-0 in finale di Champions League contro l’Inter. I biancorossi di Simeone hanno fatto qualcosa in più dei nerazzurri di Inzaghi, si sono anche visti annullare un gol e, quantomeno, hanno menato. Ma l’impressione, a Pasadena come a Monaco, è che se la partita fosse durata di più, la punizione per gli sconfitti sarebbe stata ancora più severa.

Stile di gioco e filosofia di vita

Come gli stoici dell’Antica Grecia, Luis Enrique ha imparato dalla vita a desiderare ciò che accade. La sua filosofia inscalfibile, che è tutt’uno con il suo gioco, è improntata all’impegno e all’ottimismo. Se faccio il massimo, funzionerà. Dice dei suoi giocatori: “Ho sensazioni molto positive. I ragazzi sono tornati dai loro impegni con le nazionali, ma li ho trovati pronti, in gran forma”. Degli obiettivi del suo PSG: “Noi giochiamo per vincere tutte le partite in tutte le competizioni. Sappiamo che potremo essere battuti, ma questo è il nostro approccio”. Dell’amore dei tifosi californiani per la sua squadra: “Noi possiamo rendere felici le persone facendo il nostro lavoro. È bellissimo vedere quante persone sono felici e ci supportano in quel che facciamo”.

La bacchetta del mago

La stampa francese ha rappresentato Lucho in versione mago, con la bacchetta in mano. E l’impressione, effettivamente, è che tutto quel che tocchi sia animato dalla polvere di stelle. Nel finale della sfida all’Atletico, già vinto e frastornato, ha inserito a centrocampo prima il diciannovenne francese Senny Mayulu, poi il sudcoreano Lee Kang-in. Entrambi hanno giocato da giganti: il primo ha segnato girandosi in area e colpendo d’istinto, il secondo su rigore (gentile concessione di Vitinha) dopo avere giocato 25 minuti perfetti. “Il risultato mi ha consentito di inserire anche chi solitamente gioca meno, come Mayulu e Lee. Sono fortissimi, lo avete visto. Su entrambi ho ottime sensazioni”, ha detto.

Una bugia per chiudere

Per finire, nel commentare una partita sbilanciata dal primo all’ultimo secondo, ha detto una bugia bella e buona: “C’è una differenza molto piccola fra le migliori squadre d’Europa e ciascuno fa il suo meglio”. In questo momento, la differenza fra il PSG e le avversarie è enorme. E a fare davvero il proprio meglio, al punto da stupirsi loro stessi del livello a cui sono arrivati, sembrano essere solo i ragazzi del mago Lucho. Pressano, partono, se perdono palla la recuperano e ripartono. Se la passano senza guardarsi e tirano senza paura. Portano in campo le idee del loro allenatore, non solo sul calcio, ma anche sulla vita.

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