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La maledizione di Pellegrini: l’espulsione, le critiche e le accuse al capitano dell’ultima coppa

Da quando è andato via Mourinho vive un incubo. Quando tutto sembrava andare bene, il rosso che ha rovinato la sua serata facendolo ripiombare nel periodo nero. Al suo posto convocato Zaniolo

ROMA – Sembra quasi che sulla sua testa penda una maledizione. Quella dell’Olimpico contro il Belgio aveva tutto per essere la serata di Lorenzo Pellegrini. Lo stadio di casa, il numero dieci sulle spalle, un contributo importante al gol che aveva illuminato immediatamente la partita. E invece.

La maledizione di Pellegrini

Mentre si fermava a parlare con addetti alla sicurezza della Roma, lasciando lo stadio, il volto di Pellegrini tradiva un dispiacere profondo per l’espulsione che lo ha tolto dal campo dopo 40 minuti pieni di cose belle: i compagni li ha aspettati nello spogliatoio, probabilmente ripensando a quell’istante che ha fatto avvitare la sua notte magica – e mica la chiamiamo così per caso, visto che ad aprirla era stato proprio Un’estate Italiana e il ritratto di Schillaci – in una spirale maledetta. Pensava di essersi ripreso l’Italia, dopo l’amarezza dell’Europeo, spalancando a Dimarco la corsia per l’assist dell’1-0. Poi, quando tutto sembrava andare alla grande, quell’entrata sciagurata per provare a rimediare a un errore di Bastoni è la sliding door della serata azzurra. Rosso. Italia in dieci, lui fuori. E la rimonta del Belgio come conseguenza quasi ineluttabile.

Pellegrini e il confronto ingiusto con Totti e De Rossi

È la fotografia perfetta del periodo che sta vivendo Lorenzo. Capitano della Roma, eppure da mesi al centro delle critiche della gente che dovrebbe applaudirlo, sostenerlo. Che a Roma i capitani finiscano nel tritacarne quando le cose non vanno bene lo sa persino Totti, per non parlare di De Rossi. La sua parabola però ricorda più quella di Giannini, che arrivò dopo l’epoca d’oro di Falcao e Conti. Lui, Pellegrini, è stato l’erede dei due totem, senza averne forse il carisma, senza essere così estroverso. Meno personaggio, certamente, ma come può essere una colpa? È stato il capitano che ha sollevato la prima coppa dopo 14 anni di nulla. Ma a Roma non basta.

L’esonero di Mourinho dietro le critiche

Tutto è iniziato quando la Roma ha esonerato Mourinho, il 16 gennaio: quel giorno il guru portoghese fece trovare a Pellegrini nel suo armadietto l’anello che la squadra gli aveva regalato per i 60 anni. Come a dire: riprendetevelo, mi avete tradito. Era il frutto di un’incomprensione, ma tanto bastò per trasformare Lorenzo nel colpevole, agli occhi di una parte di pubblico. De Rossi lo ha pubblicamente elogiato e difeso, eppure anche quando è stato mandato via Daniele la rabbia della gente si è concentrata su Pellegrini, che invece di DDR era un pretoriano. Che nel frattempo ha collezionato guai fisici e sfortune, come l’incrocio dei pali centrato contro l’Elfsborg, unico squillo romanista in una notte senza sogni. Ma non è sufficiente. Non basta mai, a Roma, se i risultati non arrivano. E chi lo critica a prescindere ha sempre più fiato di chi lo difende. “Qualcuno lo critica? Qualcuno chi? Qualcuno chi diventa l’analisi da fare”, ha detto Spalletti, che la città la conosce e i critici a priori ancora di più. A Lorenzo, prima di tutto, serve però un po’ di fortuna.

Pellegrini ha lasciato il ritiro azzurro

Squalificato dopo il rosso contro il Belgio, il capitano giallorosso ha così lasciato il ritiro azzurro e si è già messo a disposizione di Juric a Trigoria. All’orizzonte la delicata sfida di campionato con l’Inter del 20 ottobre. Al suo posto, Spalletti ha convocato l’atalantino Nicolò Zaniolo.

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