Milano – Il giorno dopo, per Cristian Chivu, è cominciato prima delle 8 del mattino sui campi della Pinetina. Si è confrontato per oltre mezz’ora col direttore sportivo Piero Ausilio, poi col resto della dirigenza: il vicepresidente Javier Zanetti, il presidente Beppe Marotta. La delicatezza del momento non sfugge a nessuno. La squadra gioca bene ma perde. Era dal 2011-12, con Gasperini, che non partiva peggio: un punto nelle prime tre partite effettive (la prima giornata era stata rinviata) e il tecnico fu esonerato. L’altro precedente è del 2000: 3 punti dopo 3 gare, Lippi aveva già salutato alla prima.
Chivu ha strigliato la squadra a Torino
Chivu, dopo la sconfitta per 4-3 di Torino, nello spogliatoio ha strigliato i giocatori. Non gli sono piaciute le disattenzioni, soprattutto sul terzo gol juventino. Non è disposto ad accettare certe leziosità in difesa. Davanti ai microfoni, ha smorzato: “Abbiamo fatto una prestazione con personalità, ma siamo mancati di lucidità nel finale. Gli altri non hanno avuto vergogna di spazzare”. Sa di dovere trasmettere alla squadra la grinta che le manca. La partita dello Stadium ha detto questo. L’esultanza accennata di Marcus Thuram sul 2-3 e le risatine col fratello nel finale. La risposta sconsolata sul 4-3 juventino, senza nemmeno tentare di protestare per il contatto fra Khéphren Thuram e Bonny.
La Champions occasione per il riscatto
Inzaghi, appena vedeva abbassarsi la tensione, correva avanti e indietro lungo la linea laterale, si sbracciava, si faceva espellere. Anche così ha portato a Milano sei trofei, fra cui uno scudetto, arrivando a due finali Champions. Chivu rispetta i confini dell’area tecnica, ed è un bene. Ma deve trovare un suo modo per accendere il fuoco. Con lui, i dirigenti nerazzurri sono più clementi di come sono stati col suo predecessore. Marotta, nel difenderlo, difende la propria decisione di metterlo in panchina. “Non è una seconda scelta”, ripete, con una di quelle che chiama “bugie bianche”: il tentativo fallito di portare a Milano Fabregas si è compiuto alla luce del sole. Sta ora a Chivu dimostrare che quella scelta, prima o seconda che fosse, è stata giusta. E la prima occasione l’avrà mercoledì, quando, all’esordio in Champions da allenatore, affronterà ad Amsterdam l’Ajax, di cui Koeman lo fece capitano a 20 anni. Per la tecnica, certo. Ma anche per il carattere.