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La prima indicazione del campionato: Inter e Juve favorite per lo scudetto

Le squadre di Inzaghi e Motta arrivano alla sosta in testa alla Serie A, con Torino e Udinese. Le statistiche degli ultimi dieci anni le pongono davanti a tutti nella lotta per il titolo

Il pareggio di Torino schiaccia la classifica e alleggerisce i primi mal di pancia, evitando di scavare un fossato troppo largo tra chi è scattato bene e chi non ha sentito lo sparo. Contro la prima rivale del suo livello la Juve rallenta il passo, non rischia nulla — è l’unica a non aver ancora subito un gol — ma praticamente nulla crea. Motta è giunto al punto in cui la spinta dei giovani di agosto va arricchita dalla classe dei nuovi acquisti. A impedire alla Juve la fuga è stata la Roma meglio organizzata di quest’avvio, ed era ora: De Rossi deve trovare il modo di far arrivare la palla al pivot Dovbyk, che al momento ne tocca cinque a partita, ed è bastato lo scorcio finale di Koné per intuire che il suo dinamismo potrebbe permettere a Soulé e Dybala di giocare assieme. Soulé dribbla come Dybala non fa più, ma non ne possiede la lucidità nell’ultimo passaggio e nel tiro: in due ne fanno uno, ma uno forte. Sono un lusso, ma anche una necessità.

Il Milan è la grande delusione d’agosto

La prima pausa fotografa una realtà che è già passata, perché la sospirata chiusura del mercato trasformerà in archeologia tattica molte delle formazioni viste fin qui. Resta di quest’agosto un’eredità interessante. La Juve è in testa con l’Inter a quota 7, e stando ai numeri la questione scudetto riguarderà loro due (e Torino e Udinese, a essere rigorosi) perché soltanto uno degli ultimi dieci campioni d’Italia dopo tre gare aveva meno di 7 punti. Se un mese fa si immaginava il più tradizionale dei tornei, con le tre grandi storiche Inter, Milan e Juventus in corsa per lo scudetto e due possibili outsider in Napoli e Atalanta, il primo tratto di stagione ha sbalzato il Milan dal treno dell’alta classifica. Non è tanto la miseria dei due punti a impressionare — quelli si possono rimontare — quanto le perduranti condizioni della difesa, che viaggia a due gol subiti a partita, molto peggio della già pessima media dell’anno scorso (1.28). Come già il Parma, anche la Lazio ha colpito con cross radenti da sinistra messi in porta da un inserimento centrale. Dal punto di vista dei singoli, quindi, Emerson Royal non ha fatto meglio di Calabria; se invece parliamo di reparto, i centrali non sono riusciti a marcare Castellanos e Dia malgrado sia ormai palese il percorso di sviluppo delle palle-gol. A Parma le reti erano arrivate in un clima di lassismo. Fonseca è intervenuto come doveva, e a Roma almeno la postura dei rossoneri è cambiata. Ci tenevano visibilmente di più. Giubilati dalla formazione di partenza, Theo e Leao sono entrati belli arrabbiati, e il gol del 2-2 da loro confezionato (con Abraham, che ha i mezzi per dialogare con i due mammasantissima) è stato il perfetto memento della grande qualità tecnica a disposizione del Milan. La sua via di rinascita. La combinazione Venezia-Liverpool-derby, tutta sul palcoscenico di San Siro, costituirà un voto di fiducia (o meno) della squadra a Fonseca. I segnali non sono tranquilli, nella pausa la società dovrebbe muoversi con cura.

I motivi della frenata dell’Atalanta

È rimasta indietro anche l’Atalanta, delle candidate al titolo vere o presunte, ma le sue attenuanti sono serie: ha giocato sempre in trasferta per questioni di stadio e una delle due sconfitte è venuta dall’Inter, che per lei continua a essere un Everest. Senza dirlo apertamente, ma facendolo capire, l’Atalanta quest’anno aveva programmato di lottare per lo scudetto, ma l’affaire Koopmeiners, quello (rientrato) che ha frenato Lookman e gli infortuni di Scamacca e Scalvini hanno costretto Gasperini a nuovi equilibri. Li troverà, anche perché il club ha fatto molto per surrogare chi per vari motivi è sparito. L’eventuale rientro nel gruppo di testa dipende dal tempo che ci metterà per far emergere un nuovo leader: i nove anni di ciclo hanno avuto tre facce in copertina, Gomez, Ilicic e Koop. Tocca produrne una nuova.

Il Napoli di Conte che fa sognare una città

Il ribaltone di questo adrenalinico avvio l’ha firmato quindi il Napoli, passato in due settimane dalla professione di scuse di Conte per il bagno di Verona all’entusiasmo popolare per le due vittorie che l’hanno rimesso in linea di galleggiamento. Questo Napoli è il frutto di un mercato assolutamente folle, firmato da un sosia di De Laurentiis perché quello vero l’hanno legato e imbavagliato nei sotterranei del Maradona. Ma sta cominciando a funzionare, e oltre a Lukaku subito in gol e a Neres, il cui talento può specchiarsi in quello del rinato Kvara, siamo curiosi di misurare l’impatto di McTominay. Dopo la pausa Conte continuerà a usare le settimane per far crescere la squadra, unico fra tutti.

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