Adesso, negli occhi del Toro c’è un’immagine da cancellare. Finale di Champions 2023, stadio di Istanbul, minuto 58, risultato ancora sullo 0-0 tra Inter e Manchester City. Lautaro Martinez, da qualche mese campione del mondo con l’Argentina, è un campione in piena fiducia di sé: sa quello che deve fare, e come farlo. È cresciuto in tutto. Al talento innato, alla furia agonistica, all’istinto rapace e alla tecnica superiore ha aggiunto l’equilibrio mentale e nervoso del leader. Lui resta un emotivo, certo, ma finalmente in grado di gestire meglio ogni impulso. La potenza è niente senza il controllo, non si dice così?
Lautaro due anni dopo: un’altra finale per riscattare l’errore
Invece, quella sera il nodo torna a stringersi, insieme alla porta del City: troppo piccola, in quell’istante: Lautaro è in posizione defilata, e il portiere Ederson gliela sta serrando ancora di più. Il nuovo Lautaro, a questo punto, vedrebbe Brozovic e Lukaku in posizione migliore rispetto a lui, liberi in area di rigore, e non avrebbe dubbi: passerebbe il pallone a uno di loro. Il vecchio Lautaro, invece, cercherebbe il gol a ogni costo, facendo tutto da solo. Come molti ricordano, il vecchio ebbe la meglio sul nuovo, e il portiere degli inglesi gli respinse il tiro. Le urla di rimprovero Barella ancora rimbombano nelle orecchie dell’argentino.
La delusione del 2023
Il resto di quella notte è ben noto. Segna Rodri, sbaglia Lukaku, la Coppa così vicina torna a distanza siderale. Quando tutto finisce, il Toro si abbandona al pianto. Anche questa è una pura emozione da vecchio Lautaro, ma al cuore non si comanda quasi mai. Non sappiamo quanto quell’istantanea sia rimasta impressa nella retina e nella memoria del campione, il quale con 21 gol è l’interista che in Coppa dei Campioni/Champions ha segnato di più. Ma pensiamo che riaprire il file possa servire a evitare che il computer si impalli di nuovo. Spegnere e riaccendere, si fa sempre così. Ma quando si riaccende la macchina, bisogna ricordare perché fosse stata spenta.
Lautaro, i dubbi sulle condizioni
Tra i molti giocatori importanti dell’Inter di Simone Inzaghi, il Toro lo è più di tutti. La sua presenza è quasi sempre decisiva, e quest’anno lo è stata anche nelle memorabili semifinali contro il Barcellona, destinate a restare, al netto di quanto accadrà a Monaco di Baviera, le scintillanti gemme di un’edizione di Champions comunque indimenticabile. Contro i catalani, Lautaro ha segnato, ha procurato un rigore fondamentale e si è infortunato ai flessori: è lui l’ombra più lunga, in attesa dell’epilogo. Come sta davvero, Lautaro Martinez? Quanto gli sarà servito risparmiarsi il più possibile nelle ultime settimane?
Le finali con Argentina e Inter
Come ogni bestia di razza, Lautaro è una creatura da finali. Alcune le ha perdute, non solo quella contro il Manchester City: anche l’Europa League 2020. Ma con la nazionale ha vinto il Mondiale, due volte la Coppa America e la Finalissima tra i campioni di Europa e Sudamerica, poi con l’Inter due Coppe Italia e tre Supercoppe. Nulla che indichi imbarazzi nel vivere gli ultimi attimi, dove un solo errore può mandare a monte tutto ciò che di buono si era fatto prima.
Il fotogramma che lo tormenta
Spegnere, riaccendere e possibilmente vincere. Lautaro compirà 28 anni ad agosto, ed è nel pieno della maturità psicofisica. Da due stagioni è il capitano nerazzurro, dunque, nel caso, toccherebbe a lui sollevare la Champions nel cielo scuro dell’Allianz Stadium. Con l’Inter ha firmato un contratto praticamente eterno, con scadenza 2029, anche se nel calcio l’eternità non esiste: o magari sì, ed è tempo composto da mille attimi come il fotogramma contro il Manchester City al minuto 58, due anni e una vita fa. Il vecchio e il nuovo Lautaro dovranno decidere cosa fare di quel ricordo. A suo modo, anche se triste, un tesoro di esperienza e memoria.