ROMA — La Roma e i problemi, nati per stare insieme. Le liti, i risultati, l’esonero di De Rossi, le contestazioni dei tifosi, gli addii societari, il nuovo allenatore. Poteva finire qui? No. Dietro un problema, c’è sempre un altro problema.
Non saranno i tre punti rimediati con i nervi a cancellare l’imbarazzante prestazione contro il Venezia, non sarà un ragazzino di 20 anni che entra con vitalità, energia e voglia a far dimenticare l’inconsistenza della Roma: se una squadra che ha speso oltre 100 milioni ha bisogno disperato di Pisilli, gioiellino lanciato da Mourinho al primo gol in Serie A e al secondo in carriera, ecco sì, quella squadra ha un problema. E solo la fortuna di aver incontrato una più sfortunata, quella di Di Francesco, può permetterle di dire: rimandiamo, ci pensiamo domani, qualcosa succederà, e si salvi chi può. Parliamone.
L’ambiente. Il coro della curva racconta: il passato non si dimentica. Anche quello recente. L’addio di De Rossi fa male. E allora: fischi.
Tanti. A inizio partita, a fine primo tempo, al capitano Pellegrini e ancora a fine gara. C’è Carlo Verdone in tribuna che guarda il cellulare, forse pensa che una volta era tutto un sacco bello. Era. Non c’è neanche più il tutto esaurito: dopo 58 sold out consecutivi, da quando hanno riaperto gli stadi dopo il Covid all’esonero di De Rossi, ci sono posti liberi. L’amore non si dà per scontato.
Il campo. Ci sono 70 minuti di evanescenza, imbarazzanti, con il Venezia che poteva trovarsi sul 3-0 dopo essere andato in vantaggio con Pohjanpalo: un rigore richiesto e non concesso per un’uscita avventata di Svilar, un gol annullato ad Haps per fuorigioco e un salvataggio sulla linea di Mancini hanno evidenziato i limiti della squadra di Juric. Ha avuto bisogno dell’imprescindibile Cristante, ma senza la deviazione di Busio sul suo tiro non ci sarebbe stato il pareggio e la rimonta di Pisilli per il definitivo 2-1.
La testa, l’atteggiamento di chi scende in campo: c’è fragilità, debolezza, confusione. Errori, orrore e anche terrore. La tattica, poi: c’è ancora incompatibilità tra il gioco di Juric e quello che i calciatori danno in campo: in tre partite si è visto poco di quello che chiede il nuovo tecnico. Con il Venezia come contro il Bilbao: metà partita fatta di ripartenze, riaggressione, marcature preventive, intensità nei duelli individuali e poi puf, sparisce tutto. Questa volta a tempi invertiti. Queste mezze partite basteranno con Monza, Inter, Fiorentina? Qual è l’alternativa? La qualità? Allora dipendi da un solo uomo: Dybala, che la società voleva salutare senza riflettere. Mai rinunciare a chi dà tanto.
La società, ancora. Il silenzio della famiglia Friedkin. L’addio di Lina Souloukou. L’acquisto dell’Everton. Ghisolfi, il ds. Chi è costui?
Troppe assenze. E le assenze pesano più delle presenze.
La Roma ha vinto una partita che non meritava e che non nasconde la confusione. Dietro ai problemi non c’è sempre la soluzione.
Può esserci un altro problema.