Un altro storico pezzo di calcio si sgretola come un grissino: addio ai raccattapalle. Da questo campionato di Serie A saranno sostituiti da pezzi di plastica, materia che peraltro già compone molta parte del nostro sport più amato, ovvero dei coni, dei “cinesini” che verranno disposti poco oltre il bordo del campo (massimo, due metri e mezzo), 6 sul lato delle panchine, 5 sul rettilineo opposto. Lì, i giocatori troveranno i palloni da rimettere in gioco, senza perdite di tempo da parte di qualche ragazzino della squadra di casa. Ma, quando la medesima era in svantaggio, il raccattapalle semmai velocizzava al massimo la ripresa della gara: accadde ad esempio il 26 gennaio 2008: corner per la Roma nel finale contro il Palermo all’Olimpico, un ragazzino è così veloce da permettere ai giallorossi di calciare subito e segnare, con Amantino Mancini, la rete della vittoria. Seguiranno inutili proteste del presidente Zamparini, noto “mangia allenatori” che quel giorno si sarebbe divorato volentieri il raccattapalle, che si chiamava Gianluca Caprari e oggi gioca nel Monza (e con la maglia del Benevento un giorno sarebbe riuscito a fare gol proprio alla sua Roma).
La tradizione dei raccattapalle
Già la parola, in fondo, sa di un tempo lontano. Raccattapalle. E quel verbo, “raccattare”, che si solito su usa per cose di poco valore, un gesto più che umile, servile. Eppure, queste figure romantiche non hanno mai fatto soltanto da cornice al quadro. Molti di loro, a forza di raccattare (facevano parte del settore giovanile “casalingo”), sono diventati giocatori veri o addirittura campioni, come Ciro Ferrara e Phil Foden a Napoli e Manchester, attraverso lunghi e probabilmente magnifici pomeriggi di una quasi infanzia volata via in un attimo.
Il gol di Savoldi “annullato” da Citerani
La storia del calcio si è nutrita di queste figure, cominciando dall’antico portiere William “Fatty” Foulke, che all’inizio del Novecento, con la maglia dello Sheffield United, faceva mettere due ragazzini dietro la porta per sembrare ancora più mastodontico agli avversari, lui che già era un armadio umano a quattro ante. La dinamica del raccattapalle ha visto momenti in cui queste figure sono diventate centrali, nel bene e nel male. Come quando uno di loro, tal Domenico Citerani da Ascoli Piceno, durante un Ascoli-Bologna del 1975 calciò via dalla porta un pallone che Beppe Savoldi vi aveva effettivamente infilato (sarebbe stata la rete del 4-1 per i rossoblù, con tripletta dello stesso Savoldi). L’arbitro Barbaresco (di Cormons, ricordate? I nomi sono la Storia…) non si accorse di nulla. Alla Domenica Sportiva, l’attaccante incontrò il ragazzino che non diventerà mai uno stopper (ricordate anche questa parola?), si strinsero la mano e Savoldi disse: “Beh, ti credevo più grande”.
Raccattapalle picchiati
Non tutti sono stati gentleman come il centravanti che, per primo, venne pagato più di un miliardo di lire (ve le ricordate, le lire?). Come quando un raccattapalle non si decideva a restituire la palla all’Inter per una rimessa di Zenga, con i nerazzurri dominati dalla Samp di Vialli e Mancini. Era l’otto marzo 1987, a Marassi. Il libero dell’Inter, Daniel Passarella, in un raptus prese a calci il ragazzino, che aveva 16 anni e si chiamava Maurizio Piana. Sei giornate di squalifica per l’argentino, che andò a casa del raccattapalle e gli diede 5 milioni di lire come borsa di studio. Un episodio simile ha riguardato Eden Hazard il 23 gennaio 2013, quando con la maglia del Chelsea prese a calci a Swansea il diciassettenne Charlie Morgan, che oggi è uno degli uomini più ricchi del Regno Unito (non con i soldi di Hazard, ma con quelli del padre milionario).
I raccattapalle nel mondo
I raccattapalle resteranno per sempre nel nostro immaginario, da regolamento che ne prevedeva dieci: tre sui lati lunghi del campo e due dietro ogni porta. Per tanto tempo rimettevano il gioco un pallone soltanto, a parte quando il pubblico non lo restituiva. Poi, il tempo della velocità ha moltiplicato i palloni presenti attorno al campo, in una frenesia che ha forse aumentato il tempo del gioco, mutando però qualche gesto classico, compresa l’attesa e una certa lentezza (adesso, per quella, c’è il Var). In Premier League, luogo di ogni rivoluzione, non sempre così opportuna o decisiva, il raccattapalle (in inglese, “ball boy”) era già scomparso. In Brasile, nella fase finale dell’ultimo campionato carioca, è stato sostituito da una sperimentale macchina spara palloni: nulla di memorabile, anzi piuttosto ridicola nel mandare le sfere dappertutto fuorché dai calciatori in attesa. Sia come sia, siamo pronti al commiato (era già accaduto nell’ultima finale di Coppa Italia tra Juventus e Atalanta). Anche se i capi del calcio, in questo caso la Lega Serie A, invece di pensare a vere riforme strutturali e finanziarie per uno sport in crisi drammatica, si dedicano a strappare fiori dal prato.