Dopo aver saldato il conto alla Roma con un gol di Zaniolo, l’Atalanta è passata in vantaggio sul Milan con una rete di De Ketelaere. Va bene recitare la parte dei più bravi, ma quel che è troppo è troppo, e almeno il Milan si è ribellato a un verdetto che alla componente drammatica (12 punti di distacco) ne aggiungeva pure una irridente. La reazione rossonera ha elevato il primo tempo al grado di gran partita, e l’alternanza offensiva è stata uno spettacolo perché Leao, pur bisticciando un po’ con la posizione da tenere, ha aggiunto alla panna montata (la rabona per Theo) una giocata di sostanza (l’assist per Morata). Ma l’equilibrio è durato 45 minuti, perché nella ripresa l’Atalanta ha ripreso il centro del ring e il Milan glielo ha lasciato fare, forse perché non ne aveva più, forse perché si è illuso di poterla gestire. Poteva pure portare a casa il punticino, in fondo Lookman ha indovinato l’episodio, ma sarebbe servito a poco visto il disavanzo di punti ormai abissale. Viceversa la nona vittoria di fila dell’Atalanta in campionato smarca anche la seconda tappa di un trittico da tre kolossal in nove giorni: battuta la Roma a domicilio, battuto il Milan in casa, martedì arriva a Bergamo il Real Madrid in una gara molto più delicata per i detentori della Champions che per i padroni dell’Europa League. Peccato che in rosa non ci sia uno scarto del Real, altrimenti sapremmo già chi sarà il marcatore. Come sosteniamo da tempo, è del tutto ozioso discutere l’iscrizione dell’Atalanta alla corsa scudetto: è ovvio che ci sia, con Napoli e Inter certamente, forse con altre concorrenti, di certo non col Milan, chiamato a riprogrammarsi in fretta per non disperdere quel che di buono ultimamente si vede, e rifocillarsi in Europa — la promozione diretta agli ottavi è alla sua portata — in attesa di capire come ripartire all’assalto del quarto (o del quinto?) posto Champions.
Il segreto dell’Inter è a centrocampo
Nel frattempo l’Inter aveva battuto il Parma in modo brillante, subissando gli emiliani con un gioco in capo al quale sono venute anche le giocate, vedi il tacco autoliberatorio di Dimarco in occasione dell’1-0. Sono gare come questa a spiegare perché Inzaghi, malgrado il valore di incursori come Frattesi e adesso anche Zielinski, continui a privilegiare il centrocampo degli ultimi tre anni, quello nato dall’idea di retrocedere Çalhanoglu a play basso. Il ritmo di Barella e la qualità che Mkhitaryan porta in ogni zona del campo — ammirevoli ieri sia l’innesco per Dimarco che un paio di coperture difensive — trasformano il reparto in un hub per il quale passa il resto della squadra: in questa (lunga) fase di stagione i difensori sono spesso più pericolosi degli attaccanti, come dimostrano il palo di Dumfries e il gol del vantaggio di Dimarco a fronte della deviazione sotto porta di Thuram che vale il 3-0. Ma gli errori commessi anche ieri da Lautaro sono comunque diversi da quelli di qualche tempo fa, dovuti alla frenesia di far gol della punta in ritardo e non all’assenza del giocatore svuotato, di testa e di energie. Il che significa che sta tornando.
Juve-Bologna, si attendono risposte importanti
Napoli-Lazio di domenica è lo scontro al vertice che metterà il cappello sul 15esimo turno, ma è Juve-Bologna la partita che allungherà o meno il tavolo scudetto. Rispetto a un anno fa Thiago Motta ha perso sette punti da Allegri (malgrado una Juve più ricca) mentre Italiano sta marciando alla sua stessa velocità (malgrado un Bologna più povero). È ovvio che i discorsi siano un po’ più complicati di così, ma se non cambiano e anche in fretta certi numeri fanno presto a diventare incubi.