Lazio-Inter, che per merito della Lazio (l’Inter lì non è una sorpresa) assume lo status di scontro diretto, chiuderà un weekend nel quale sono successe molte cose. Le quattro squadre di Premier che giocano la Champions hanno raccolto la miseria di due punti: Liverpool (a fatica) e Arsenal hanno pareggiato in casa, l’Aston Villa ha perso a Nottingham, il City è ulteriormente crollato nel finale del derby con lo United. Fin qui imbattuto in Bundesliga, il Bayern ha perso a Mainz per la prima volta. Il Barcellona si è arreso in casa addirittura con il Leganes quindicesimo. Il Real Madrid è andato sotto 2-0 sul campo del Rayo tredicesimo, e ha finito 3-3. Giunti a metà dicembre la fatica della Champions è un trend chiaro, al quale Juve e Milan non si sono sottratte (e nemmeno la Roma, scendendo di una coppa). Ed è facendo la conta di questi inciampi che la vittoria dell’Atalanta a Cagliari, sofferta al punto da promuovere Carnesecchi a livello Donnarumma, si rivela nella sua valenza extralarge. Gli uomini di Gasperini sono stanchi come gli altri, ma c’è qualcosa – l’idea dello scudetto probabilmente – a tenerli in piedi un minuto in più degli altri. È anche per questo che dureranno, come durerà il Napoli che ha definitivamente scoperto in David Neres un faro alternativo a Kvara. Conte ha già cambiato il suo modulo storico per inserire compiutamente McTominay, ma potrebbe valere la pena innovare ancora per schierare due giocatori in grado di saltare ripetutamente l’uomo. O almeno, se non ci provi la stagione in cui giochi soltanto nel weekend, quando allora?
La Juventus e i patemi per un posto in Champions
Il dato saliente del 16° turno è il distanziamento ormai netto della Juve dalla zona scudetto, e la prospettiva di dover patire anche per un posto Champions, il che equivarrebbe alla fusione del nocciolo per cui trema anche il Milan. Per tacere della Roma, che dopo la caduta di Como vede più che mai l’orizzonte ristretto alle coppe. Salvandosi a stento col Venezia dopo aver miracolosamente riacciuffato il Bologna, Thiago Motta ha vanificato le buone vibrazioni del successo sul City: a ogni buona esibizione corrisponde quest’anno un passaggio a vuoto, con una difesa cui basta togliere lo scudo di Locatelli per franare, e sì che fino all’infortunio di Bremer era il fiore all’occhiello che rasserenava i nostalgici. S’è preso la sua razione di fischi e contestazione pure il Milan, che ci ha aggiunto l’imbarazzo di mostrarsi in questa sua versione minore ai tanti fuoriclasse del passato in tribuna per la festa di compleanno. La purga di Fonseca ha almeno lanciato qualche talento del vivaio: bravo Jimenez, discreto ma emozionato Liberali, Camarda riempie l’area, e ci resta la curiosità di vederlo al tiro. Difficilmente ieri la sua mira sarebbe stata più sbilenca di quella di Morata. Frustrato dal Genoa, il Milan ora si ritrova ottavo, con un progetto difficile da distinguere, scavalcato pure dal Bologna.
Il Bologna e i meriti della sua dirigenza
Ecco, il Bologna. La sua crescita è un buon esempio del tempo che può volerci per (ri)costruire una squadra quando il materiale è all’altezza. Vincenzo Italiano ha ereditato da Motta un biglietto di Champions da usare però con una rosa deprivata dei petali più preziosi (Zirkzee e Calafiori). Italiano sapeva comunque di poter contare su un direttore tecnico, Giovanni Sartori, fra le eccellenze del mestiere: così, mai stressato da una piazza paziente – per quanto faticosa, la Champions viene vissuta nel modo giusto – Italiano ha plasmato un nuovo Bologna sviluppando le potenzialità portategli da Sartori. Ha educato Castro alla serie A, ha trovato a Odgaard la posizione ideale, ha orientato verso la porta la velocità di Ndoye, ha inserito nello spartito il violino di Dominguez e il tamburo di Pobega e soprattutto ha miscelato vecchi e nuovi strumenti in un’orchestra che dopo le stentate sperimentazioni iniziali, da novembre ha alzato il volume. Se il Bologna di Motta era jazz questo di Italiano pende più verso il rock, ma in capo a 15 gare (manca il recupero) i punti sono gli stessi e la tendenza positiva anche.
Il Milan alla prese con una stagione pazza
Se ne è accorta la Fiorentina, battuta malgrado momenti di gioco non disprezzabile: e comunque aveva vinto 12 delle ultime 13 partite, il che ne descrive il valore, che Gudmundsson provvederà a moltiplicare. Una squadra così il Bologna l’ha battuta in modo solare, rilanciandosi verso quello che è il suo vero obiettivo stagionale, la permanenza in Europa, e non necessariamente nelle coppe basse. Una concorrente in più per Juve e Milan alle prese coi loro fantasmi.