Dal Mondiale per club alla nuova Champions League, in questa stagione una miscela infinita di partite rischia di far scoppiare il pallone. Aumentano gli impegni, crescono gli infortuni e impenna lo stress. Almeno, così raccontano calciatori e dirigenti. Prima della lesione al crociato, il campione d’Europa spagnolo Rodri aveva vestito i panni del capopolo: “Siamo vicini a uno sciopero dei calciatori”. Qualche giorno fa sono arrivate anche le critiche di Giuseppe Marotta, presidente dell’Inter: “Troppi infortuni, il numero delle partite deve diminuire”.
Salari triplicati in 20 anni
Ma come stanno realmente le cose? Uno studio di Standard Football smentisce questa narrazione. L’agenzia ha condotto un’analisi sul numero di partite giocate negli ultimi vent’anni, comparandole all’aumento degli stipendi dei calciatori. Facciamo un esempio: nella stagione 2003/04 il Real Madrid ha giocato 59 partite, quattro in più dello scorso anno (55). Cosa è successo invece ai salari? Sono triplicati. Vent’anni fa David Beckham e compagni guadagnavano in totale 98,21 milioni di euro lordi. Nel 2023/24 il monte ingaggi del Real valeva 327 milioni. “I risultati – si legge – rivelano una disparità significativa tra l’aumento esponenziale dei salari dei giocatori e il numero relativamente stabile di partite stagionali”.
I club esaminati
Il fenomeno riguarda molte altre squadre, dall’Inter alla Juventus, passando per il Bayern Monaco e il Psg. Tredici i club esaminati: undici top club europei e due sudamericani (Flamengo e Palmeiras). A proposito, i brasiliani giocano più dei colleghi del Vecchio Continente, guadagnando però molto meno. Lo scorso anno il Flamengo ha giocato 68 partite e il suo monte ingaggi non superava i 44 milioni di euro, circa un terzo di quello dell’Inter (130), fanalino di coda tra i club europei analizzati. All’estremità opposta della classifica il Psg svetta con 403 milioni spesi. Sul fronte delle partite giocate l’ultimo posto spetta invece alla Juventus (43), complice l’esclusione dalle coppe scontata nella scorsa stagione.
Il rapporto Cies sui minuti giocati
Questi dati confermano quanto emerso in estate dal rapporto del Cies Football Observatory sul numero delle partite stagionali e sul minutaggio dei calciatori. L’analisi partiva dalla stagione 2012/13 e arrivava proprio alla 2023/24, facendo una proiezione del numero potenziale di partite e minuti giocati fino al 2028. In breve, negli ultimi dodici anni i calciatori esaminati hanno giocato in media 22,7 partite stagionali, oscillando da un minimo di 18 gare nel 2019/2020 – stagione influenzata dal Covid – a un massimo di 24,4 nel 2023/2024. E i minuti in campo? Complici l’introduzione delle cinque sostituzioni e l’allargamento delle panchine (in Serie A da 12 a 15 giocatori), il tempo giocato non è aumentato. Certo, bisogna anche considerare l’evoluzione del gioco, sempre più intenso e frenetico. Anche il cambiamento di filosofia nelle preparazioni estive, ormai in balia delle tournée all’estero, potrebbe aver inciso sull’aumento degli infortuni.
Mbappé e Ronaldo
In ogni caso, l’analisi di Standard Football va oltre, concentrandosi anche sui singoli giocatori. Prendiamo gli esempi più celebri. Dieci anni fa, con 29 milioni a stagione, Cristiano Ronaldo era il più pagato. I minuti in campo? Oltre 4 mila. La scorsa stagione Kylian Mbappé ha guadagnato più del doppio (72 milioni), giocando leggermente meno del portoghese (circa 3800 minuti). E l’aumento non riguarda solo i fuoriclasse. Basti pensare che Frenkie de Jong al Barcellona ha percepito quasi il doppio dello stipendio di Leo Messi nel 2013/14. “L’analisi – prosegue lo studio – evidenzia un drammatico aumento degli stipendi, in particolare tra i giocatori di medio livello. Questo aumento delle retribuzioni riflette una tendenza di mercato più ampia, in cui i club stanno investendo più pesantemente nei salari dei giocatori a tutti i livelli di talento”.
Il rapporto tra spesa per lo stipendio e rendimento
Certo, allo stesso modo sono incrementati i ricavi societari, ma basteranno per garantire la sostenibilità del sistema? Tra i problemi principali, l’aumento della forbice tra spesa per lo stipendio ed effettivo contributo del calciatore. In sostanza, molti calciatori rendono meno di quello che costano. Alla lunga, il trend rischia quindi di alimentare una pressione finanziaria sempre più forte sui club, ostaggio degli ingaggi dei propri calciatori. Tra le proteste per il calendario e le minacce di sciopero, spunta allora qualche provocazione. Come quella lanciata a Repubblica dall’opinionista ex Juve e Napoli Massimo Mauro: “Meno partite? Allora bisogna abbassare gli ingaggi”. Insomma, giocare deve essere un piacere, come rispose qualche anno fa Sinisa Mihajlovic a chi gli chiedeva quanto fosse difficile per Marco Benassi indossare la fascia da capitano del Torino a 22 anni: “Non è facile svegliarsi alle quattro e mezzo di mattina, andare a lavorare alle sei, restarci tutto il giorno e non arrivare a fine mese. Noi che lavoriamo nel mondo del calcio siamo fortunati”.
Fortunati sì, stupidi no, risponderebbe Alisson, il portiere del Liverpool che pure ha lanciato l’allarme: “Nessuno chiede ai giocatori cosa pensano, quindi forse la nostra opinione non conta. Non siamo stupidi e lo capiamo, ma siamo stanchi. Sappiamo che la gente vuole più partite”. Al momento però, gli impegni restano gli stessi di sempre. Quasi fosse un problema di percezione degli stessi calciatori.